Love and Anarchy – stagione 2: recensione della serie svedese su Netflix 

A distanza di quasi due anni, ritroviamo l’editor Sofie Rydman alle prese con la neonata (e fragile) relazione con Max e con un lutto dagli strascichi ‘fantasmatici’. Ma la magia della prima volta, insieme alla leggerezza, non c'è più.

Love and Anarchy aveva debuttato su Netflix nel novembre 2020: protagonista Sofie, una quarantenne dalla solida carriera nel mondo (in trasformazione) dell’editoria, sposata con un regista e madre di due figli. Il gioco sessuale ingaggiato con un collega informatico di molti anni più giovane, Max, si trasformava ben presto in qualcosa di più: un sentimento che la spingeva a rimettere in discussione la sua intera vita, a compiere quel salto nel vuoto – l’anarchia, di cui il titolo reca traccia – da anni vagheggiato e mai tentato. 

In Love and Anarchy irrompe il lutto e scompare l’anarchia

Ida Emelin Engvoll e Björn Olof Hampus Mosten, la coppia protagonista delle due stagioni di ‘Love and Anarchy’

A distanza di un anno e mezzo, per la seconda stagione della serie, ritroviamo Sofie di fronte alla necessità di elaborare un lutto simbolico e uno reale: non solo ha rinunciato ai privilegi che la vita coniugale la garantiva – un’abitazione in cui ciascun componente della famiglia avesse i suoi spazi – e alle certezze che le assicurava un relazione stabile e codificata dal matrimonio, ma un tragico evento la costringe a misurarsi con la perdita di una persona amata e con i fantasmi che le si presentano ad assediarla e chiederle il conto, inchiodandola alla sua incapacità di lasciare andare. 

Se la prima stagione seguiva un andamento brioso, appena gravato da considerazioni un po’ didascaliche su alcune tematiche di pertinenza sociale – il ruolo della donna in una società di retaggio patriarcale; le mutazioni di cui ogni professione è investita in un’epoca dominata da logiche consumistiche ed esibizionistiche; la tensione generazionale tra nativi analogici e nativi digitali –, questa seconda s’incupisce già dal primo episodio, assumendo una modulazione più elegiaca, a intermittenza quasi tetra: l’attenzione drammaturgica sembra spostarsi dalla forza dirompente, talvolta spaventosa, del desiderio alla fatica di disincagliarsi da affetti e identità.

Intorno ai due protagonisti – Sofie e il suo giovanissimo compagno Max – continuano a gravitare, in una coralità sfilacciata, i personaggi secondari: nessun intreccio minore, movimentato dai comprimari (perlopiù i colleghi di entrambi), sembra però avere la credibilità per imporsi sul tracciato narrativo primario

Un passaggio brusco (e non del tutto riuscito) da rom-com a dramedy

Gli otto nuovi episodi di ‘Love and Anarchy’ sono disponibili su Netflix dal 18 giugno 2022

Nella torsione da rom-com con accenti di commedia sociali a dramedy, Love and Anarchy perde ciò che di buono aveva costruito nel primo capitolo: la freschezza di un amore nuovo che rompe la rete dei giorni tutti uguali e restituisce una donna già ‘costruita’ alla sua sé più giovane, quella idealista che, ventenne, aveva consegnato le sue ambizioni alla scrittura di un romanzo sul coraggio della ribellione. Di quella freschezza non è rimasto più nulla, forse perché ogni atto di ribellione è, in fondo, una parentesi: una volta attuato, ci si ritrova nello stesso punto di prima. Nell’età adulta delle prese di coscienza e delle perdite, neanche una passione travolgente può mitigare fino in fondo le asprezze esistenziali, l’inevitabile chiamata all’assunzione di responsabilità.  

Love and Anarchy 2 continua, così, il discorso amoroso di Sofie e Max laddove lo aveva interrotto e lo fa nel modo in fondo più verosimile, ricorrendo, quale perno drammaturgico, alle proiezioni all’esterno del mondo interno di Sofie, i cui mostri appaiono ben più subdoli di quelli che aveva immaginato di dover fronteggiare scegliendo di recedere dai modelli dell’esistenza borghese. La rappresentazione del teatro psichico della protagonista non riesce, tuttavia, a sorreggere da sola l’intero impianto narrativo-drammatico, anche perché resa per stereotipie, affidata rigidamente alla sola evocazione di demoni intrapsichici nel loro precipitarsi goffamente sul reale. 

Regia - 2
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 2.5
Recitazione - 2.5
Sonoro - 2
Emozione - 1.5

2.1

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