Let’s Talk About CHU: recensione della serie TV Netflix

Solo sesso senza amore, davvero si può? Let's Talk About CHU, serie made in Taiwan su Netflix dal 2 febbraio 2024, prova a rispondere alla domanda.

Tutto quello che avreste voluto sapere e non avete mai osato chiedere? Meglio non caricare di attese sproporzionate Let’s Talk About CHU, serie Tv made in Taiwan in otto episodi, su Netflix dal 2 febbraio 2024. Parla di sesso, è vero. Di sentimenti, anche. In modo esplicito ma senza compiacimenti morbosi e autoreferenziali, persino. Ha una protagonista dalle idee (discutibili) ma molto interessanti, la interpreta Chan Tzu-hsuan. La serie la accompagna nel suo percorso di liberazione, doppia liberazione, sessuale e sentimentale, mostrando limiti e vicoli ciechi di uno stile di vita (in superficie molto) seducente. La domanda che si pone Chu Ai, così si chiama il personaggio, ha una risonanza universale. Basta il sesso, il sesso senza amore, a fare la felicità di una persona?

Let’s Talk About CHU: una ragazza e la sua (discutibile) teoria dell’amore

Let's Talk About CHU cinematographe.it recensione

Non è facile parlare di sesso e di sentimenti al cinema o in tv, perché non è facile parlare di sesso e di sentimenti. Pudori, inibizioni e fraintendimenti hanno condizionato, fiaccandolo, il discorso pubblico e privato. Di sesso, ad alta voce, si parla sempre e soltanto in due modi, sintetizzabili negli schematismi a)complicità volgare, maliziosa e abbastanza squallida e b) moralismo ipocrita e perbenista. Risatine e sguardi indignati; è invece in direzione ostinata e contraria che il team creativo di Let’s Talk About CHU orienta la serie e la sua ideologia. Ideologia, proprio così, per quanto il termine possa apparire fuori luogo e forse un po’ ridicolo. Il punto è che la storia parte da una tesi, dall’esposizione di una tesi, per verificarne poi la correttezza e l’affidabilità. Sapendo fin dal principio, una perfida ironia, che fa acqua da tutte le parti.

Il problema è riassumibile nel seguente interrogativo, anticipato poco sopra: è possibile separare, stabilmente e con la massima soddisfazione di tutti/e, sesso e amore? Chu Ai (Chan Tzu-hsuan), vlogger part-time a capo di un canale social di educazione sessuale, pensa di sì. Animata dall’arrogante convinzione di essere padrona del suo destino e in pieno controllo della materia, rifiuta qualsiasi contatto che presupponga anche il minimo retrogusto sentimentale. Per lei contano il piacere e la gratificazione del corpo. Il resto è off-limits. Chu Ai ingabbia i partner desiderosi di andare un po’ oltre – sono tanti, perché è molto interessante e molto bella- con una serie di regole di condotta, condizionamenti e divieti a prova di bomba.

Una filosofia desolante, se presa alla lettera, ma per lei ha senso. Quanto alle gratificazioni estemporanee – il sesso senza amore si ottiene con facilità e in molti modi – non è questo che cerca. Chu Ai recita un mantra esistenziale, fa del sesso la terapia perfetta di corpo e anima, rifiutando l’amore. Let’s Talk About CHU usa le idee della ragazza per aprire il pubblico a un confronto onesto su sesso e sentimenti. Lo fa seminando la strada della protagonista di incontri rivelatori, come quello con il ragazzo ricco ma con un’anima, Ping-ke (Kai Ko), di cui è palesemente infatuata. O restando nei paraggi: c’è il fratello omosessuale (JC Lin) dalla vita sottosopra e incapace di fare coming out, la sorella sposata e (ovvio) sessualmente inappagata (Kimi Hsia), i genitori così lontani fra loro (Miao Ke-li e Hong Sheng-te). Chu Ai impara, a proprie spese, che si può fare sesso e basta, scordando l’amore. Ma non si può mai pensare all’uno senza tirare in ballo l’altro. Solo chiarendo la natura e la portata dei propri sentimenti, accettando il rischio di essere feriti, l’intimità e il controllo del corpo conducono al vero piacere.

Il sesso e i sentimenti, un paese per giovani (e non solo)

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Il movimento fa bene a Let’s Talk About CHU. Aperta e chiusa da una serie di istantanee (di vita coniugale, sentimentale, sessuale) che circoscrivono limiti e possibilità dei personaggi, la serie si affida ai toni cangianti della narrazione per disorientare – un disagio a fin di bene – lo spettatore. Che si convince, perchè le prime impressioni contano, di trovarsi di fronte a un certo tipo di storia, giusto in tempo per farsi sorprendere dall’inesorabile e intelligente scivolamento di prospettiva che caratterizza la seconda parte. La serie mette in un angolino – e fa bene – i toni umoristici e mal calibrati dell’inizio, per aprirsi a una leggerezza contaminata da una certa serietà e malinconia. Non appesantiscono il discorso, piuttosto contribuiscono a definirne un equilibrio più realistico e ragionato.

Non una commedia sexy, Let’s Talk About CHU, neanche un manuale di educazione sentimentale o sessuale a buon mercato. Ha qualcosa della freschezza dei tutorial della protagonista, con uno sguardo più maturo e tutt’altro spessore creativo. Sotto la voce punto di forza va inserita la rappresentazione aperta e molto democratica. Non è solo questione di sesso. La verità, elementare nella formulazione ma generalmente fraintesa, è che il sesso conta, sempre e tanto, per ogni generazione. La causa e la soluzione di tanti problemi, per i figli come per i genitori, per i vecchi e per i giovani, per le donne e per gli uomini, per i single e le coppie sposate. Non è importante, o chissà quanto rivelatorio, che Let’s Talk About CHU metta l’intimità sessuale e una certa patina erotica al centro del discorso. Non bisogna stupirsi perché parla di video fake e mostra un bel po’ di masturbazione.

Ciò che conta è che l’erotismo, l’educazione sentimentale e il bisogno di appagamento non si riducano a privilegio di pochi fortunati ma costituiscano un elemento fondamentale del bagaglio intimo di ognuno, indipendentemente da età, orientamenti e inclinazioni caratteriali. Il sesso e i sentimenti, da soli o in coppia, non sono un paese per soli giovani. Manca di sicuro, alla serie, la forza di accompagnare lo sguardo progressista e fieramente non-tradizionale con un finale che liberi il potenziale di tutti. Vale a dire che la morale della favola, quando arriva il momento di chiudere i conti, di originale ha ben poco. Ma lo sforzo di rappresentazione “larga” che percorre la storia in lungo e in largo è più che sufficiente per tracciare un bilancio positivo.

Let’s Talk About CHU: conclusione e valutazione

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Del cast corale di Let’s Talk About CHU emerge soprattutto (inevitabilmente) la forza delicata di Chan Tzu-hsuan. Alla protagonista regala una sorta di semplicità complicata: Chu Ai è in apparente controllo della situazione, moderna nell’attitudine e senza particolari inibizioni sotto il profilo sessuale. In realtà è terrorizzata dal peso dei sentimenti e dalla paura dell’abbandono, la più comune e universale di tutte le paure, il gancio di cui si serve la serie per legare sesso e amore, educazione sentimentale e ostinata ricerca del piacere. Una serie non così rivoluzionaria nelle conclusioni, ma abbastanza aperta nella rappresentazione e coraggiosa nello sguardo. Va bene così.

Regia: 2,5

Sceneggiatura: 3

Fotografia: 2,5

Recitazione: 3

Sonoro: 2,5

Emozione: 3 Voto: 2,8

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 2.5
Recitazione - 3
Sonoro - 2.5
Emozione - 3

2.8