La ragazza di Oslo: recensione della serie norvegese Netflix

La recensione de La ragazza di Oslo, la serie norvegese Netflix che gode della toccante interpretazione di Anneke von der Lippe.

Terrorismo islamista, accordi politici e legami famigliari creano i turning points che segnano l’avanzamento della narrazione di La ragazza di Oslo, la nuova serie tv di genere drammatico creata da Kyrre Holm Johannessen e Ronit Weiss-Berkowitz. Una produzione realizzata da Netflix e dal broadcast israeliano HOT che vede Uri Barbash e Stian Kristiansen dietro la macchina da presa. Le tensioni tra Israele e Palestina fanno da sfondo alla prima stagione girata in Norvegia e in Medio Oriente, composta da dieci brevi episodi, e disponibile sulla piattaforma di streaming dal 19 dicembre 2021, con la vera stella del nuovo titolo Netflix che è l’attrice norvegese Anneke von der Lippe (An Affair), che nel 2015 ha vinto l’International Emmy Award per la sua interpretazione in Øyevitne. Anneke von der Lippe fa la differenza anche nel cast di La ragazza di Oslo, trasmettendo allo spettatore il preciso ritratto emozionale del suo personaggio.

La ragazza di Oslo: una missione segreta nel Sinai per liberare l’ostaggio norvegese

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La ragazza di Oslo si apre con il sentimento di due genitori che organizzano una visita a sorpresa alla figlia nel giorno del suo compleanno. Sorrisi e torte a domicilio. Ma la festeggiata non c’è. La giovane norvegese di nome Pia (Andrea Berntzen) si trova invece  in Israele (per una ragione che viene svelata successivamente). Su una spiaggia si sta divertendo con una coppia di amici. I momenti di leggerezza e di svago durano poco, perché i tre giovani vengono rapiti da gruppo di terroristi dell’Isis, che in cambio della liberazione pretende il rilascio di Abu Salim dalle prigioni di Oslo e la scarcerazione di 12 prigionieri dell’ISIS detenuti in Israele.

Intanto Karl (Anders T. Andersen), il padre di Pia, viene contattato direttamente dall’Isis mentre Alex, la madre della ragazza tenuta in ostaggio, che è una diplomatica norvegese (interpretata da una straordinaria Anneke von der Lippe) teme che sia accaduto qualcosa di brutto a sua figlia, anche perché non riesce ad avere sue notizie. Senza esitare la donna parte per Gerusalemme. La si vede combattere in prima linea per riportare Pia a casa. Si mette in viaggio per il Medio Oriente e qui si rivolge ad alcune persone che conosce perché l’aiutino a liberare gli ostaggi. Ma a questo punto della narrazione emergono fatti importanti relativi al passato della donna. Il suo principale aggancio governativo del posto è rappresentato da Arik (Amos Tamam). Alex spera che quest’uomo possa velocizzare i tempi di salvataggio, dal momento che gli altri organismi politici ufficiali, quello norvegese e quello israeliano, esitano sul da farsi. Arik, dopo essere venuto a conoscenza di un segreto (ben custodito da Alex) si mostra disponibile ad aiutare la donna, e pianifica con l’aiuto di un amico fidato una rischiosa operazione per salvare gli ostaggi nel Sinai.

Gli occhi rossi di Anneke von der Lippe e l’angoscia di una madre nel vedere la propria figlia in pericolo di vita

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La ragazza di Oslo presenta una storia che fa molta fatica a coinvolgere lo spettatore, il cui intreccio è peraltro a tratti difficile da seguire. Si ha la sensazione di una sceneggiatura dilatata a dismisura per sfruttare le chances di un’opera filmica in più episodi. Ad esempio, attraverso l’insistenza dello sguardo generale sulle location (con le panoramiche sul Sinai e in Israele) che dapprima gratifica, poi stanca l’occhio di chi si aspetterebbe gli elementi di un thriller, e non di un documentario. La storia delude le aspettative e non riesce nemmeno a trovare la sua via originale nel panorama delle produzioni filmiche del suo genere. Per concludere che l’unico dorato luccichio della serie tv norvegese è rappresentato dall’interpretazione di Anneke von der Lippe che con i suoi occhi rossi riesce a trasmettere l’inquietudine, il senso di affaticamento e la mancanza di sonno. Tutte quelle “ferite negli occhi”  della dura condizione di vedere la propria figlia presa in ostaggio, e in pericolo di vita, che pungono dentro.

Regia - 2
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 2
Recitazione - 2.5
Sonoro - 2
Emozione - 2

2.1

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