La mia prediletta: recensione del thriller psicologico Netflix

La miniserie Netflix La mia prediletta è ispirata a casi di cronaca di donne segregate per anni in prigioni casalinghe.

La storia crudele raccontata dalla miniserie La mia prediletta rimarrà con voi molto più a lungo del tempo di visione. Il suo titolo originale è Liebes Kind, La mia prediletta è una delle migliori produzioni Netflix tedesche che ad esempio, a differenza di Dark, non è un thriller fantascientifico ma è ispirato ad eventi reali, nonostante sia basato sull’omonimo romanzo di Romy Hausmann. Regole ferree e disumane, misteri e crimini e tanta suspense pervadono i suoi sei episodi disponibili sulla piattaforma streaming dal 7 settembre 2023. Nel cast dello show televisivo diretto da Isabel Kleefeld e Julian Pörksen troviamo Kim Riedle che interpreta Lena, una bravissima Isabel Kleefeld nei panni della piccola Hannah e Julika Jenkins nel ruolo di Karin Beck.

La mia prediletta: una vita di prigionia e di controllo assoluto

Tante domande vengono lasciate in sospeso e una costante promessa che qualcosa accadrà. Il montaggio rapido del cinema contemporaneo con inquadrature brevi e una notevole moltiplicazione degli stacchi, uno stile discontinuo e un’atmosfera tesa e claustrofobica che s’afferma sulla scena sin dai primi frame: Isabel Kleefeld e Julian Pörksen non ci lasciano spazio per rifiatare. Nel pilot titolato con il nome palindromo “Hannah” una donna in camicia da notte rimane vittima di un’incidente nella città tedesca di Aquisgrana, con lei c’è una bambina di dodici anni. Il conducente è fuggito e la polizia inizia ad indagare sul caso. Il pubblico subentra nell’incubo di Lena, di Hannah e di Jonathan costretti a vivere in una prigione casalinga: una casa altamente protetta. Lena vive con i due figli, e le loro vite sono controllate in modo brutale: ad esempio devono mangiare pasti molto specifici in momenti molto specifici; persino le pause per i servizi igienici e il sonno sono controllati. Quando “Padre” si presenta alla porta, tutti e tre si mettono in fila e mostrano le mani. Poi “Padre” entra e i tre girano le mani per mostrare l’altro lato. Sostanzialmente, tutto è follemente regolato da quest’uomo, e senza avere scelta le sue vittime fanno ciò che egli dice, perché sanno che la punizione sarebbe rapida (e indimenticabile).

Nelle manie di controllo di un pazzo psicopatico

Da anni i personaggi di questo show sono prigionieri di un pazzo psicopatico, ma l’effettiva portata dell’incubo e la messa a fuoco del villain appare solo nelle ultime puntate, motivo per cui si procede fino alla fine con la visione. Man mano otteniamo più informazioni di base e scopriamo, attraverso i flashback, la vita che la donna e i due bambini hanno sopportato. La loro storia ci ricorda il terribile caso Fritzl: il sequestro di una donna austriaca che ha vissuto imprigionata per ventiquattro anni in un bunker sotterraneo costruito dal padre nella cantina di casa, luogo in cui si sono susseguiti vari abusi sessuali e da questi stupri sono nati sette figli.

La mia prediletta: valutazione e conclusione

Se vi piacciono i thriller psicologici o le serie poliziesche, questo prodotto intenso e brutale è per voi. Ma proprio come alcuni cibi, anche molte immagini de La mia prediletta sono mattoni nello stomaco, difficili da digerire. Siate pronti ad arrabbiarvi o ad irritarvi in più punti della storia che rende molto bene il senso di angoscia e l’inquietudine dei due bambini, ma anche di Lena che poi scopriamo essere una copywriter con altro nome e altra identità, rapita e trasformata dal mostro nell’amata Lena. La vicenda è effettivamente ispirata a casi di cronaca di donne segregate per anni in prigioni casalinghe, si tratta quindi di una storia già vista ma che viene narrata in modo avvincente, con tanti colpi di scena e soprattutto facendoci entrare negli sguardi dei suoi personaggi.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 3

3

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