King of Stonks: recensione della serie TV tedesca Netflix

Un ambizioso genio della finanza ricorre alla truffa e agli inganni per garantire il successo della sua losca azienda fintech e raggiungere la tanto agognata fama. Ma tutto ha un prezzo...

Da qualche mese a questa parte – complice una serie di meme che sbeffeggia fantomatiche decisioni finanziarie fallimentari – il termine stonks è entrato ufficialmente nell’immaginario comune. Stonks non è altro che la deformazione ironica della parola stocks, ovvero “azioni”. Azioni e quotazioni in Borsa, ovviamente. La tematica viene ora ripresa nella serie tedesca King of Stonks (6 episodi distribuiti su Netflix dal 6 luglio 2022), che rilegge in chiave sarcastica una vicenda realmente accaduta.

Trattasi infatti del più grande scandalo finanziario della storia tedesca, quello che ha travolto la società “Wirecard” – rinominata per la serie TV “CableCash” – portando a svariate dimissioni, dichiarazioni di bancarotta e fughe dei suoi prezzolati CEO. Tutto talmente assurdo da essere vero, e il tono della serie non può che seguire l’onda della bizzarria e del nonsense, mettendoci nei panni scomodi del giovane Felix Armand, abile e rampante braccio destro dello sciroccato amministratore Magnus.

King of Stonks: Il capitalismo, come non l’avete mai visto

Ciò che è evidente in King of Stonks, fin dai suoi primi episodi, è l’atmosfera che vuole essere rappresentata, simile a quella dei vari The Wolf of Wall Street, La grande scommessa e Trafficanti. Tutto, nel mondo dell’alta finanza e del nuovo capitalismo, sovverte le normali regole del vivere comune. E tutti, prima o dopo, finiscono stritolati negli ingranaggi di macchine complesse e incomprensibili. Da spettatori, non c’è tuttavia nulla da temere: qui l’attenzione è rivolta quasi totalmente alle dinamiche umane; l’intento è satirico, non documentaristico.

A farsi rappresentante di questa umanità è il sopraccitato Felix, un professionista che lavora con entusiasmo e che sogna la scalata sociale al fianco del suo capo. È essenzialmente il loro sbilanciatissimo rapporto a fare da perno alla serie: mentre Magnus vive la miglior esistenza possibile mostrando il proprio volto ai convegni e concedendosi con generosità ai tabloid, Felix lavora sottotraccia cercando di coprire a tutti i costi i clamorosi errori del boss, dotato della consapevolezza di un pesce rosso.

Per ogni gradino che sali, c’è qualcuno che prova a spingerti giù

Il fatto è che la loro azienda fintech, che vende sistemi di pagamento digitali, è legata a doppio filo alla mafia e a diverse organizzazioni criminali. È l’economia, bellezza: per restare a galla ed emergere occorre cercare e accettare l’aiuto di tutti… con le ovvie conseguenze del caso. King of Stonks punta molto sull’ingenuità e sull’ignoranza dei suoi personaggi, come punto di forza principale. E non si può negare che, a tratti, il meccanismo si ripeta un po’ troppo spesso e renda alcuni importanti snodi della trama monotoni e piatti.

Forse la forma migliore per un prodotto di questo tipo sarebbe stata quella del film, più che della serie. Ma, d’altra parte, è al contempo vero che è facile entrare in sintonia con la quotidianità sventurata di Felix, capro espiatorio di un diretto superiore che lo illude continuamente infilandolo in situazioni spinose che lui non vuole – e non saprebbe – affrontare. Le figure di Felix e di Sheila (che si finge figlia di un ricco uomo d’affari nigeriano) rappresentano lo specchio generazionale dei 30enni di oggi: sempre protesi verso un inafferrabile bene assoluto, e sempre inconsciamente ad un passo dal baratro e dalla catastrofe.

Regia - 3
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 3
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3
Emozione - 2

2.8

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