Ho ucciso mio padre: recensione della docuserie Netflix

Il 18enne Anthony Templet non ha mai negato di aver ucciso suo padre. Ma quali motivazioni si nascondono dietro a un gesto così estremo e ingiustificabile?

La docuserie Ho ucciso mio padre – 3 episodi, disponibili su Netflix dal 9 agosto – va a ingrossare le fila dei cosiddetti prodotti true crime della piattaforma. Una sezione ricca, intrigante (sovente ai limiti del voyeurismo) e spesso legata a casi di cronaca americana di cui in Europa si sa poco o nulla. Qui, in particolar modo, alle solite motivazioni se ne aggiunge un’altra: a dirigere c’è Skye Borgman, che con la storia di Anthony Templet completa una sorta di trilogia incentrata sulle identità violate e sulle violenze psicofisiche (tutti i lavori sono presenti su Netflix).

Ho ucciso mio padre recensione Cinematographe.it

La prima indagine fu Rapita alla luce del sole, che racconta l’incredibile vicenda di Jan Broberg, una adolescente dell’Idaho sequestrata per ben due volte da un amico di famiglia. Approfondimento a cui fece seguito La ragazza nella foto, sulle contorte sofferenze di Suzanne Sevakis, rapita da tale Franklin Floyd e cresciuta come sua figlia fino a quando, dopo anni di abusi sessuali, decise di farla diventare sua moglie. Borgman è interessata all’adolescenza, e il successo delle sue produzioni deriva anche dalla sincera empatia che prova per i soggetti intervistati, persone intrappolate in incubi che non avrebbero mai potuto immaginare.

Ho ucciso mio padre: il curioso caso di Anthony Joseph Templet

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Anthony Joseph Templet, dicevamo. Il suo inferno personale emerge il 3 giugno 2019, a Baton Rouge (Louisiana): alle ore 3.15, infatti, l’allora 18enne chiama la polizia e dichiara di aver appena sparato tre colpi di pistola a suo padre, Burt Templet. Subito dopo l’arresto, Anthony viene interrogato, e si capisce facilmente che qualcosa non quadra. Il colpevole materiale dell’omicidio è lui, per risolvere il caso basta una manciata di ore (e basta il primo episodio della miniserie); ma il ragazzo è freddo, non dimostra alcun coinvolgimento emotivo e, anzi, pensa sarà rilasciato di lì a poco.

Grazie alle preoccupazioni di un collega del primo lavoro di Anthony, il contesto dell’omicidio viene gradualmente rivelato. Il padre di Anthony aveva un localizzatore sul telefono del figlio, lo controllava ossessivamente. L’uomo era anche preoccupato dalla mancanza di conoscenze generali di Anthony (ad esempio, chi fossero Tom Hanks o Tom Cruise), di conoscenze specifiche (sui suoi parenti) e della miriade di piccole abilità (come dare il cinque) che ci si aspetta da un quasi adulto normalmente socializzato. Emerge la verità: Burt aveva ottenuto illegalmente la custodia di Anthony 11 anni prima, dopo aver picchiato la madre per anni e averne logorato ogni risorsa.

Ho ucciso mio padre: la reazione naturale a una vita di paura

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L’evidente caso di omicidio colposo di secondo grado si trasforma progressivamente in un episodio di legittima difesa: Anthony aveva vissuto tutta la sua esistenza in uno stato di abbandono emotivo, violenza fisica e sorveglianza costante, tenuto lontano da qualsiasi forma di autorità, compresa la scuola, e da qualsiasi interazione con bambini e altri potenziali amici che potessero offrire al giovane una via d’uscita. Non tutti i delitti sono uguali, e ci sono due aspetti dell’omicidio di Burt Templet che lo rendono affascinante per una serie Netflix: la storia e le conseguenze. La docuserie di Borgman dedica un po’ troppo tempo alla prima, a volte ripetendo all’eccesso alcuni dettagli.

Ma ciò che è particolarmente frustrante è che il risvolto più interessante inizia quando la serie finisce. Cosa succede ora ad Anthony Templet? Come affronta il ricongiungimento con la famiglia da cui è stato strappato da ben 10 anni? Come affronta il trauma dell’abuso del padre? Domande destinate a rimanere tali, che lasciano una sensazione di incompletezza anche perché siamo ancora troppo vicini agli eventi narrati. È tutto ancora in fase di scrittura, e Ho ucciso mio padre non può finire che così: con un’anima in frantumi, chiamata a rimettere insieme i pezzi sconnessi della sua traballante maturità.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3
Sonoro - 3
Emozione - 3.5

3.1

Tags: Netflix