For Life: recensione della serie TV in onda su Netflix

In For Life, l'interessante serie in onda su Netflix dal 2 gennaio 2022, un detenuto diventa avvocato per dimostrare la propria innocenza.

La prima stagione della serie For Life (12 episodi di 40 minuti ciascuno), prodotta da ABC Studios e Sony Pictures Television, arriva su Netflix dal 2 gennaio 2022.  distribuita in streaming sul Netflix. Non si tratta di una novità perché in realtà è andata in onda a gennaio 2021 su Rai 4. La seconda stagione in Italia non è ancora arrivata e durante le riprese negli States ha subito vari rallentamenti a causa della pandemia covid.

For Life, la trama della serie TV è tratta da una storia vera

La serie scritta e ideata da Hank Steinberg, un veterano della serialità americana, prende spunto da una storia vera: quella di Isaac Wright Jr., che venne messo in carcere ingiustamente per un reato mai commesso. Durante la detenzione Wright, con un coraggio e una forza di volontà commovente, si mise a studiare legge e divenne avvocato. Divenne “l’avvocato-detenuto” e si dedicò poi con grande cocciutaggine a studiare il verdetto di alcuni suoi compagni di carcere per ribaltarne la sentenza. La sua determinazione, dettata dalla disperazione dell’ingiusta detenzione, gli dette un’energia straordinaria e riuscì a dimostrare l’innocenza di ben venti suoi compagni detenuti. Dopodiché, acquisita una certa credibilità come avvocato, iniziò finalmente ad affrontare la propria causa e a dimostrare con il tempo la propria innocenza.

La serie usa dunque una storia realmente accaduta per denunciare le tare del sistema giudiziario americano e altre discriminazioni. Uno spunto biografico, senz’altro molto avvincente, da cui For Life tra spunto affrontando, oltre al tema dell’ingiustizia, anche altri elementi tematici molto importanti nell’attuale dibattito politico americano: quello della discriminazione razziale (il protagonista è un uomo di colore e altri detenuti ingiustamente accusati appartengono ad altre etnie discriminate) e sessuale (la direttrice del carcere è lesbica e sposata a una politica in carriera).

Cavilli e ingiustizie nella serie con Nicholas Pinnock

for life cinematographe.it

Nella serie la trama è ovviamente molto più intricata che nella realtà: Aaron Wallace, il protagonista (splendidamente interpretato da Nicholas Pinnock) è un padre di famiglia, felice e benestante, proprietario di una discoteca, che viene ingiustamente accusato di spaccio di droga durante  un’operazione di polizia guidata dal  Procuratore Maskins. Wallace, sconvolto,  si rifiuta di patteggiare con la giustizia una pena più mite perché si sente innocente e viene quindi condannato all’ergastolo. Perde così anche la stima della moglie Marie, che decide di rifarsi una vita con uno dei migliori amici di Wallace.

Durante la detenzione, Wallace decide di ribellarsi al suo destino ingiusto e studia come avvocato riuscendo  a prendere anche la licenza per esercitare e in questo viene aiutato dalla direttrice del carcere Safiya Masry, interpretata da Indira Varma. Wallace decide di combattere per gli altri e per se stesso: affronta ostacoli e cavilli di ogni tipo per ottenere    giustizia nei casi da lui assistiti e nello stesso tempo continua a lottare per il suo riscatto personale.

For Life: un legal drama dallo stile originale e dalla narrazione tradizionale

La serie affronta temi interessanti e mischia in modo originale generi diversi: legal, crime e prison drama. La struttura narrativa fin troppo tradizionale viene riscattata dall’ottima interpretazione del protagonista e altri interpreti del cast, tra cui si annoverano anche Joy Bryant, Dorian Crossmond Missick, Tyla Harris, Glenn Fleshler, Boris McGiver e Timothy Busfield.

Se lo stile della serie ha una certa originalità perché è una commistione dei generi legal, crime, e prison drama, la struttura narrativa è molto tradizionale (a parte il quarto episodio interamente in flashback) con una linea verticale (i singoli casi di puntata) e una orizzontale (la vita di Wallace e la sua evoluzione). Abbiamo in scena un “eroe”, l’avvocato detenuto (Wallace), i comprimari positivi dell’eroe (l’amico detenuto, la direttrice della prigione e così via) e un antagonista (il “cattivo” Maskins) con compari negativi e una trama fittissima in cui si susseguono molti colpi di scena.

La serie dunque ha una solidissima struttura narrativa che la rende estremamente piacevole perché intelligentemente congegnata ma a tratti risulta un po’ lenta e fin troppo didascalica. Se è vero che gli americani, come dimostrano in questo caso, hanno affinato una tecnica eccellente nella serialità, è anche vero che manca un po’ quel guizzo di originalità che la renderebbe memorabile. In realtà è un prodotto standard molto ben confezionato che però sa di “già visto”, in cui possiamo cronometrare il minuto esatto in cui arriverà l’ennesimo colpo di scena, studiato in modo un po’ troppo matematico-algebrico e meccanico dal pur validissimo sceneggiatore/creatore.

Una serie comunque piacevole in cui risulta molto originale e interessante l’analisi del mondo carcerario e la denuncia delle tare del sistema giudiziario americano soprattutto nei confronti dei neri non ricchi. La colonna sonora infatti omaggia di continuo la cultura black con molti brani rap e afro-punk. Lodevole l’interpretazione del protagonista Nicholas Pinnock, sul cui indubitabile carisma e intensità interpretativa si regge gran parte dell’opera, contornato da un ottimo cast fra cui Joy Bryant (la moglie Marie), Indira Varma (la direttrice del carcere); il cattivo antieroe Procuratore Maskins risulta invece un po’ troppo gelido e a tratti caricaturale.

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Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3.5
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3
Emozione - 3.5

3.3