Feria – La luce più oscura: recensione della serie horror di Netflix

La serie è disponibile su Netflix

Feria – La luce più oscura è una serie TV horror spagnola creata da Agustín Martínez (La caccia. Monteperdido) e Carlos Montero (Élite). Per la stesura della sua sceneggiatura i creatori hanno collaborato con Mikel Santiago, per cui lo show rappresenta l’esordio in questo ruolo. Infine, si sono occupati della regia degli episodi Jorge Dorado (Anna) e Carles Torrens (Pet). Il serial è disponibile su Netflix a partire dallo scorso 28 gennaio 2022.

Come suggerisce il nome, la serie è ambientata presso l’immaginaria cittadina andalusa di Feria. Gli eventi che essa ci narra hanno luogo a metà degli anni ’90, ma le radici dell’intreccio risalgono a eventi accaduti vent’anni prima, quando una esplosione ha reso inagibile la miniera situata nei pressi del centro urbano. Le protagoniste della vicenda sono le giovani sorelle Eva e Sofia, interpretate rispettivamente da Carla Campra (Veronica) e Ana Tomeno (La Templanza).
Le sventure delle due hanno inizio quando, di ritorno da una festa, scoprono che i loro genitori sono scomparsi. Non hanno nemmeno il tempo di iniziare a preoccuparsi che la polizia irrompe in casa per arrestarle. Scoprono così che la sera prima 23 persone si sono tolte la vita durante un oscuro rituale che ha avuto luogo proprio dentro alla miniera e che loro padre e loro madre accusati di istigazione al suicidio e sono latitanti.

Feria – La luce più oscura: la minaccia arriva da altrove

Feria - La luce più oscura: Eva e Sofia - Cinematographe.it

Per la realizzazione del  suo intreccio, gli autori di Feria – La luce più oscura hanno senza dubbio preso ispirazione da quel filone dell’horror che risale a H.P. Lovecraft e che si distingue per unire elementi derivanti dalla fantascienza con quelli tipici dei prodotti dell’orrore. In particolare, dell’autore noto come il solitario di Providence, questa serie recupera l’idea di cultismo e il senso di mistero insondabile.

Il volto umano della minaccia è infatti quello di una setta che, nascondendosi dietro ad allettanti promesse, porta avanti il culto di una entità mostruosa – poco importa sapere se aliena o demoniaca – il cui obbiettivo ultimo è quello di porre fine alla realtà come noi la conosciamo. Il fatto che non venga mai svelata né la reale entità della setta né l’esatta identità della mostruosità che essa venera contribuisce a rendere intrigante la vicenda. Il costante senso di mistero contribuisce infatti a trasmettere tensione e facilita l’immedesimazione con i personaggi che, come lo spettatore, sono alla ricerca di una spiegazione per quello che accade davanti ai loro occhi.

Al principale filone narrativo se ne affianca un altro, che si concentra sulle vicende umane di Eva e Sofia. Si tratta del primo punto debole che individuiamo in Feria – La luce più oscura, che se da una parte è abile a creare una trama horror intrigante dall’altra non è in grado di fare lo stesso con questo filone secondario. Già dai primi episodi, le storie riguardanti le amicizie e gli amori delle sorelle risultano poco interessanti e finiscono anzi per ridurre notevolmente la suspense. La scelta di concedere a questo aspetto della trama uno spazio minore, riducendo di conseguenza la durata degli episodi, avrebbe probabilmente giovato alla qualità del prodotto.

Ben più interessante è il fatto che Feria – La luce più oscura si conceda dei momenti di distacco dalle proprie protagoniste per osservare le reazioni della cittadinanza alla notizia del massacro. Si ha così la possibilità di assistere al crescere dell’ostilità verso le ragazze, colpevoli di essere figlie di quelli che tutti considerano dei folli assassini, che di conseguenza finiscono per rimanere sole e in balia degli eventi. In questi passaggi su ha poi la possibilità di assistere agli effetti del lavoro portato avanti nell’ombra dalla setta, che con il procedere della storia arriva a influenzare la vita di tutto il paese.

Poco mistero negli effetti speciali

Feria - La luce più oscura: Bianca - Cinematographe.it

Come abbiamo visto, il lavoro svolto dagli autori Feria – La luce più oscura, per quanto non privo di criticità, è in grado di catturare l’attenzione e alimenta la curiosità rispetto allo svolgimento. Assai meno riuscito è il lavoro del comparto tecnico che, probabilmente anche per via di un budget ridotto, non è in grado di mettere in scena un prodotto all’altezza di quelli che sono gli standard di qualità ai quali siamo abituati.

Gli effetti speciali, realizzati tramite l’uso del digitale, non sono infatti particolarmente convincenti, specie quando sono utilizzati per mettere in scena la creatura fantastica che più spesso appare durante questa prima stagione. La realizzazione di questo mostro, che è spesso presente e che ha un ruolo all’interno dell’intreccio, non è all’altezza di quanto visto in altri prodotti similari presenti sempre su Netflix. Non contribuisce poi alla buona riuscita il design scelto per questa creatura, che rassomiglia più a un gatto sfinge che a un essere ultraterreno.

In generale, l’intero apparato estetico di Feria – La luce più oscura lascia a desiderare. Nelle puntate dello show si fa riferimento in più di un’occasione alla cultura eretica e all’occultismo, ma sono quasi totalmente assenti i riferimenti visivi a questo mondo. L’integrazione nella narrazione di simboli e metafore visive avrebbe molto probabilmente contribuire a rafforzare il senso di mistero opprimente, su cui si basa l’intera architettura narrativa del prodotto. Infine, anche l’aspetto di coloro che guidano la setta, che vorrebbe contribuire alla creazione dell’aurea di questi caratteri, non risulta particolarmente memorabile.

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Regia - 2.5
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 2
Recitazione - 2.5
Sonoro - 2.5
Emozione - 2.5

2.5

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