Expats: recensione dei primi episodi della serie Prime Video

In una Hong Kong frenetica la vita di tre donne si intreccia in seguito a una tragedia. Nel cast della serie TV anche il premio Oscar Nicole Kidman.

Colpe, perdite strazianti, maternità, dolore sono al centro della nuova miniserie Prime Video, Expats, creata, sceneggiata e dirette da Lulu Wang, con il premio Oscar Nicole Kidman (anche produttrice esecutiva), Sarayu Blue (Non ho mai…Giù le mani dalle nostre figlie), Ji-young Yoo (Girl Power – La rivoluzione comincia a scuolaSmoking Tigers), Brian Tee (Chicago MedTartarughe Ninja – Fuori dall’ombra), e Jack Huston (House of GucciFargo). La serie, basata sul best seller internazionale The Expatriates scritto da Janice Y. K. Lee, è disponibile dal 26 gennaio su Prime Video con i primi due episodi, nuove puntate verranno rilasciate ogni settimana sino al finale il 23 febbraio 2024.

Hong Kong, 2014. L’americana Margaret (Kidman) vive da anni nella città cinese a causa del lavoro del marito Clarke, insieme hanno due figli e un dolore insuperabile che li tormenta. La sua vita è legata in modi diversi a Hilary (Sarayu Blue) e Mercy (Ji-young Yoo), la prima in crisi con il marito David, la seconda una giovane cameriera in cerca della sua strada. È sua la voce narrante a introdurci nella narrazione e a confessarci di essersi macchiata di una terribile colpa, un rimorso che la accompagna senza tregua.

Expats – Le colpe dei carnefici, le vite spezzate delle vittime

Expats, cinematographe.it

Dal primo episodio di Expats, The Peak, l’atmosfera si fa tesa, densa di dolore, di sensi di colpa che aleggiano nelle vite di Margaret e di Mercy. Nel prologo ci vengono descritte dalla voce fuori campo incidenti fatali, disgrazie causate da persone che non facevano nulla di male, ma che involontariamente hanno fatto la cosa sbagliata nel momento sbagliato: una dottoressa esausta dopo un lungo turno in ospedale causa un’incidente d’auto mortale, un fratello spinge il gemello che finisce su un tavolino e rimane paralizzato a vita. Di solito si parla sempre delle vittime, meno dei carnefici e in questa miniserie sono invece loro i veri protagonisti. Come Mercy, all’inizio non si sa cosa abbia fatto, si scoprirà nella seconda puntata, ma si è condannata da sola a una vita in solitudine, vuota, senza slanci. Non passa istante in cui non pensi a quello che ho fatto. Le persone come me verranno mai perdonate?”, si chiede.  Margaret e Clarke invece cercano di lasciarsi la tragedia alle spalle con la festa dei 50 anni di lui, ma basta poco per far riemergere tutto il dolore.

In una Hong Kong sovraffollata, dove la vita è frenetica, quella dei protagonisti appare a rallentatore, svuotata, tutto è rumore di sottofondo, tutto è messo in discussione: la maternità, il matrimonio, l’amicizia, sé stessi. Margaret vorrebbe tornare a lavorare e dedicare più tempo a sé stessa, non essere solo considerata la madre o la moglie di qualcuno. I doveri, i compromessi, le imposizioni sociali, i privilegi di persone che hanno tutto come Margaret e Hilary ma alle quali manca tutto si rispecchiano in chi deve guadagnarsi tutto con fatica.

Expats: valutazione e conclusione

Expats, cinematographe.it

Dalle prime due puntate di Expats si evince che il percorso dei protagonisti, i loro segreti, i loro tormenti emergeranno gradualmente fino alla risoluzione finale, così come accade tra il primo e il secondo episodio: prima una presentazione generale dei personaggi in cui si seminano indizi, si lascia immaginare, si intuisce la causa di un dolore e di una colpa, poi si mostrano i fatti in tutta la loro straziante verità. Una serie che promette grandi emozioni, colpi di scena e riflessioni profonde.

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Regia - 4
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 4
Recitazione - 3
Sonoro - 4
Emozione - 3

3.5