Echoes: recensione della serie Netflix con Michelle Monaghan

Il tema del doppio al servizio di una serie che sfiora la mediocrità, in bilico tra thriller psicologico e dramma familiare, con una Michelle Monaghan in tono minore. Dal 19 agosto 2022 su Netflix.

Anche se gli autori Vanessa Gazy, Brian Yorkey e Quinton Peples hanno lasciato più di uno spiraglio aperto a un possibile sequel, al termine dei sette episodi (da una quarantina di minuti circa cadauno) che la vanno a comporre, in pochissimi scommetterebbero sulla messa in cantiere di una seconda stagione di Echoes. Questo perché la serie approdata su Netflix il 19 agosto 2022, sulla quale in tanti – noi compresi – avevano nutrito molte speranze, ha completamente deluso le aspettative. Il risultato, infatti, è uno show che si attesta ben al di sotto della sufficienza, arrivando persino a sfiorare la mediocrità quando la scrittura e la sua trasposizione finiscono con il raschiare il fondo del barile in cerca di appigli, spunti e idee utili a riportare in quota il racconto. Cosa che purtroppo non avverrà mai a causa delle numerose crepe presenti nell’architettura narrativa e drammatugica. Le stesse che strada facendo si faranno sempre più estese al punto da provocare il collasso e il definitivo crollo della struttura portante e il conseguente fallimento dell’operazione.    

Le numerose crepe presenti nell’architettura narrativa e drammatugica di Echoes provocano il crollo della struttura portante e il conseguente fallimento della serie    

Echoes recensione cinematographe.it

Eppure le carte in regola per fare tanto e bene c’erano tutte, a cominciare dal potenziale intrinseco messo a disposizione degli sceneggiatori dal sempre intrigante tema del doppio, veicolo perfetto per suscitare negli spettatori di turno suspence e inquietudine. Quelli di Echoes dovranno loro malgrado rinunciarci a priori per motivi legati all’incapacità della scrittura di generare e sviluppare le suddette reazioni, lasciandole cristallizzate nella bacheca del vorrei ma non posso, o meglio del non riesco. Ed è questo che fa più rabbia e aumenta il rancore nei confronti di una serie che parte con il piede giusto, per poi disperdere ciò che d’interessante e di valore aveva accuratamente seminato nel pilot. Ciò al quale si assiste nei capitoli successivi e che conduce all’improbabile quanto imbarazzante epilogo sul quale preferiamo stendere un velo pietoso, è una trama stratificata che si alimenta del medesimo caos creativo che l’ha generata, in cui i personaggi sono naufraghi alla deriva di uno script che annaspando naviga a vista tra il thriller psicologico e il dramma familiare. Due generi, questi, che in Echoes coesistono a forza, innescando un cortocircuito che manda tutto in fumo.

Il plot è un guazzabuglio di suggestioni e idee, dal quale scaturiscono dinamiche prevedibili, confuse, deboli, farraginose e mal gestite

Echoes recensione cinematographe.it

Ecco allora che il plot diventa un guazzabuglio di suggestioni e idee, dal quale scaturiscono dinamiche prevedibili, confuse, deboli, farraginose e mal gestite che chiamano in causa il tema del doppio attraverso le vicende di due gemelle omozigote di nome Leni e Gina, le quali nascondono un segreto pericoloso e inconfessabile. Segreto che viene messo a repentaglio quando una delle due sorelle scompare misteriosamente, portando alla luce una pratica che le ha viste sin da bambine scambiarsi le vite. Ma quello che era nato come un semplice gioco è proseguito poi negli anni, finché da adulte si ritrovano ad avere una doppia vita a tutti gli effetti, condividendo case, mariti e persino una figlia. A pensarci bene si tratta di una trama di grande impatto anche se non particolarmente originale, dalla quale sarebbe potuto maturare un crescendo di tensione, un pathos e un livello di coinvolgimento maggiori rispetto a quelli visti sullo schermo.

Nemmeno la presenza d Michelle Monaghan nel cast riesce ad alzare l’asticella

Echoes recensione cinematographe.it

Echoes finisce con l’essere vittima e al contempo carnefice di se stessa, con il peso delle tematiche sollevate e degli intrecci innescati che si fanno sempre più insostenibili rispetto alle reali capacità della serie. Motivo per cui anche il lavoro dietro e davanti la macchina da presa ha potuto contribuire a salvare il salvabile, limitando quantomeno i danni fatti dagli autori in fase di scrittura. Danni che si ripercuotono tanto sulla messa in quadro quanto sulle performance attoriali, che ne ereditano l’assenza di qualità e la confusione di fondo. Se da una parte il quartetto tutto al femminile di registe formato da Kat Candler, Li Lu, Anna Mastro e Valerie Weiss ha potuto fare poco e nulla, dall’altra nemmeno la presenza d Michelle Monaghan nel cast, che nella serie si sdoppia per vestire i panni delle due protagoniste, riesce ad alzare l’asticella. L’attrice statunitense mette la firma su un’interpretazione molto al di sotto delle sue riconosciute capacità, dando flebili segnali di vitalità sono in brevi sprazzi come il doppio interrogatorio del sesto episodio. Troppo poco per un’artista della sua bravura e caratura. Troppo poco per cambiare le sorti di uno show nato male e finito ancora peggio.   

Regia - 2
Sceneggiatura - 1
Fotografia - 2
Recitazione - 2
Sonoro - 2
Emozione - 1

1.7

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