Diavoli – Stagione 2: recensione della prima puntata della serie

La prima puntata di Diavoli - Stagione 2 riporta Alessandro Borghi e Patrick Dempsey nel mondo torbido della finanza internazionale.

Scegliendo di posizionarsi al punto di convergenza tra realtà e finzione, Diavoli – Stagione 2 riprende con una certa coerenza il discorso lasciato in sospeso con la prima stagione. Almeno questa è l’impressione forte che risalta dal primo episodio della seconda stagione del celebre financial thriller Sky Original, un successo internazionale prodotto da Sky e Lux Vide, con Alessandro Borghi e Patrick Dempsey.
Diretto da Nick Hurran e Jan Maria Michelini. Scritto da Frank Spotniz e James Dormer, con Guido Maria Brera, Naomi Gibney e Caroline Henry. Il debutto è fissato per il 22 aprile 2022 su Sky Atlantic e in streaming su NOW (sempre disponibile on demand su Sky). Qualcosa di vero, qualcosa di artefatto. Lo sfondo storico ce lo ricordiamo bene, la serie comincia nell’estate del 2016, che è stato il momento in cui nell’Occidente tramortito l’impensabile ha cominciato a realizzarsi. Su questo impasto di verità e cronaca si innestano l’esistenza, i progetti, gli scheletri nell’armadio, il legame complicato di Massimo Ruggero e Dominic Morgan.

Diavoli – Stagione 2: Massimo e Dominic, ancora una volta

Diavoli - cinematographe.it

All’inizio di Diavoli – Stagione 2, Massimo Ruggero (Alessandro Borghi) è un uomo spezzato. Sono passati quattro anni dalla morte di Sofia (Laia Costa), ora è un pezzo molto grosso della NYL, come se questo bastasse a risolvere le cose. Vive solo, il rapporto con i Pirati (Malachi Kirby, Pia Mechler e Paul Chowdhry) è ai minimi, dorme a fatica e quando ci riesce sogna male. Questi sono aspetti che vanno approfonditi perché la serie, adattamento dell’omonimo romanzo di Guido Maria Brera, parte da un’analisi delle torbide dinamiche della finanza internazionale per raccontare qualcosa di stimolante sulla condizione umana. Bene e male, complicati equilibri interiori, relazioni e giochi di potere.

A proposito di relazioni. Dominic Morgan (Patrick Dempsey) è sempre molto attento a non uscire dal campo visivo di Massimo. Padre, fratello maggiore, mentore, nemico, nemesi. Buona parte dell’architettura emozionale della serie poggia sull’interazione, l’incontro-scontro, tra due stili di recitazione, due fisicità, due retroterra opposti e complementari. Nervoso ma trattenuto, Borghi. Serafico e più insinuante, Dempsey. Massimo è un Dominic con qualche anno di meno (scusa Patrick) o viceversa? Una convergenza intima e psicologica tra i due, esiste. Dominic comincia il suo percorso nella serie con un’ossessione, la Cina. Prende sotto la sua ala protettrice (?) una geniale mente matematica dalla personalità complicata, Clara Rosager. Mentre Massimo scopre un’affinità potente con la collega Li Jun Li.

Diavoli – Stagione 2: sapore di Brexit

ricomincio da noi, cinematographe.it

Londra è la capitale finanziaria del mondo anche nel 2016, con un surplus di brivido. La prima puntata di Diavoli – Stagione 2 pesca nell’album dei ricordi collettivo un momento sinceramente sconvolgente. Al punto in cui ci troviamo, il referendum che deciderà della permanenza, o dell’uscita, del Regno Unito dall’Unione Europea è ancora un bel punto interrogativo. Leave o Remain, la cosa avrà le sue conseguenze. L’apparato finanziario globale cerca di far fronte alla sfida e alle sue prospettive lontane e vicine.

La serie fotografa il macro evento anche se quello che interessa sono le ricadute esistenziali sul precario equilibrio, intimo e professionale, dei personaggi. Il cambiamento, quantomeno la sua eventualità, mette in gioco le dimensioni fondamentali della vita intesa come lotta per la sopravvivenza, flessibilità e spirito di adattamento. Il mondo della finanza ha un lato primordiale che non sfugge all’occhio attento di Massimo e Dominic, che forse in questo ambiente ci sguazzano felici non solo perché non possono fare altrimenti. Magari anche perché colgono l’occasione, nel modellare il proprio carattere sulle sfide e le trappole di un universo furiosamente competitivo, di guardarsi un po’ dentro. Sui risultati, è meglio sorvolare. Quanto al referendum, qui il concetto di spoiler alert perde di mordente. Il popolo inglese va con Brexit. La finanza si adegua e cerca di mutar pelle.

Diavoli – Stagione 2: serie italiana, ambizioni internazionali

Diavoli 2 - cinematographe.it

Londra algida e tecnocratica, mood fumoso e molto ambiguo, eletta non a caso archetipo di molti discorsi di genere, dal thriller standard all’action alla spy story, è la protagonista silenziosa, elegantissima e ultra moderna, di Diavoli – Stagione 2. Prima puntata e (si immagina) seguenti. La cornice geografica non è un semplice condizionamento narrativo, anche se è vero che se di finanza si vuole parlare è lì che bisogna andare, non c’è molta scelta. Lo sfondo vale però anche da cartina di tornasole di un percorso seriale che vuole pensarsi sinceramente internazionale. Nella forma, nella sostanza, nelle intenzioni e nella resa. Con quali esiti?

Sul piano puramente formale, c’è poco da dire. La serie è moderna, modellata artigianalmente su un’impressione di precisione e competenza tecnologica che prende il meglio di due mondi, maestranza italiana e sguardo estero. Il gusto per la provocazione (narrativa) è di ricamare affreschi fiction su fondo realistico, con tutti gli spazi di ambiguità che ne conseguono. Funzionano i due protagonisti, inutile incasellarli nella stantia dialettica bene/male, per quanto questa prima puntata si limiti a fornire le coordinate piscologiche di partenza della serie, lasciando al racconto di Brexit gran parte dell’attenzione.

La struttura è il mix già collaudato di introspezione, affresco finanziario, visceralità di genere. Hanno ragione i creatori della serie quando ci ricordano che di storie di finanza, in tv e altrove, ce ne sono poche. Meno originale è il racconto dell’intimità pericolosa tra sangue e denaro. Ma il thriller ha la sua funzione e la sua necessità; serve a non appesantire il racconto di tecnicismi, a non spaventare troppo un pubblico poco avvezzo, comprensibilmente, a ragionare su certe questioni. Quello che sembra mancare alla serie è una certa impressione di sottigliezza. Forse i conflitti interiori, le dinamiche professionali e psicologiche, potevano essere restituite in maniera più sotterranea, strisciante. D’altronde, questa è la croce e la delizia dei prodotti nati per e su un grande pubblico.

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 3
Recitazione - 3.5
Sonoro - 2.5
Emozione - 3

2.8