Dark Tourist: recensione della serie Netflix sul turismo macabro

Dark Tourist è un viaggio non sempre centrato, ma decisamente inquietante, nei più oscuri anfratti dell'animo umano.

Dark Tourist è una serie documentaristica originale Netflix, prodotta e interpretata da David Farrier. La serie è il risultato di un lungo viaggio intorno al mondo dello stesso Farrier e della sua troupe, alla ricerca di luoghi particolarmente pericolosi o inquietanti intorno ai quali si è generato una sorta di macabro turismo. Gli 8 episodi della prima stagione di Dark Tourist sono disponibili per tutti gli abbonati a Netflix dal 20 luglio.

Dark Tourist: quando il turismo diventa macabro e perversoDark Tourist Cinematographe.it

Con coraggio e spirito di avventura, David Farrier (già noto per L’impero del solletico, anch’esso disponibile su Netflix) ci accompagna in un affascinante e allo stesso tempo disturbante viaggio all’interno delle più sinistre inclinazioni dell’animo umano, vivendo in prima persona situazioni ben oltre il limite dell’ordinario turismo. Il canovaccio di ognuno degli 8 episodi da circa 40 minuti è semplice e per certi versi limitante: tre segmenti di uguale durata dedicati ad altrettante visite a luoghi particolarmente critici, in aree geografiche affini. Il risultato è un viaggio eterogeneo fra luoghi, culture e situazioni completamente diversi fra loro, che però talvolta si allontana dal nocciolo della serie, ovvero il turismo oscuro, allargando eccessivamente le maglie di questa definizione, e risentendo inoltre dello scarso approfondimento dedicato a ogni esperienza.

Dal punto di vista documentaristico, Dark Tourist è un’opera riuscita e di grande importanza culturale e sociologica. Con stupefacente disinvoltura e senza mai indorare la pillola, David Farrier ci fa da Cicerone fra città abbandonate e luoghi colpiti dalle radiazioni, incontrando sedicenti vampiri, fan(atici) di serial killer e nostalgici di nazismo e segregazionismo razziale, e vivendo in prima persona allarmanti riti voodoo e la pericolosa realtà di zone in una situazione politica e sociale a dir poco complessa. Il protagonista cerca di essere il più equidistante possibile, affidando gli unici giudizi etici e morali a laconiche considerazioni e a pungenti domande rivolte alle persone coinvolte nelle sue strambe avventure.

Dark Tourist pecca talvolta di un’eccessiva elasticità nella sua concezione di turismo oscuro

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Con il passare dei minuti e degli episodi, la varietà di situazioni e atmosfere di Dark Tourist diventa anche il maggiore limite della serie. Anche se la narrazione risulta sempre coinvolgente e conturbante al punto giusto, il concetto stesso di turismo macabro viene messo duramente alla prova da divagazioni non del tutto coerenti con il tema principale.

Parallelamente al racconto di impressionanti concentrazioni di turisti e visite guidate per personaggi e situazioni a dir poco inquietanti, come i luoghi cari a Pablo Escobar, il territorio di Fukushima dopo la catastrofe nucleare, il disastrato paesaggio del Kazakistan o l’evocativa foresta Jukai (tristemente nota per l’alto numero di suicidi al suo interno), Dark Tourist ci presenta situazioni più adatte a un vero e proprio giornalismo d’inchiesta che a una serie documentaristica sui luoghi più macabri del turismo, come le paradossali vicende della città fantasma di Famagosta, della Birmania moderna e dei cosiddetti prepper, ovvero gruppi di persone che si preparano alacremente alla sopravvivenza in caso di eventi catastrofici.

Dark Tourist: una serie adatta agli spettatori in cerca di emozioni forti e visioni non convenzionali

Dark Tourist Cinematographe.it

Anche se David Farrier rende sempre interessanti gli eventi narrati, prendendo addirittura parte a celebrazioni di cadaveri ormai mummificati e a riti tribali particolarmente violenti, Dark Tourist dà la sensazione di sfilacciarsi e di allontanarsi troppo dal suo nucleo, riunendo sotto la generica definizione di turismo oscuro atmosfere, luoghi e personaggi che avrebbero meritato un maggiore livello di approfondimento. Ciò che rimane allo spettatore è così un viaggio, a volte tetro, altre disgustoso e altre ancora soltanto grottesco, ai quattro angoli del globo e nei più reconditi anfratti della mente umana, dove il gusto per l’estremo incrocia il cattivo gusto e dove le differenze culturali diventano barriere etiche e sociali estremamente difficili da accettare e superare. Un viaggio che in certi casi pecca di coerenza e ci lascia la sensazione di avere visto e compreso meno di quanto avremmo voluto, ma che è sicuramente una visione meritevole per gli spettatori in cerca di emozioni forti e visioni non convenzionali.

Regia - 3.5
Fotografia - 3.5
Sonoro - 3.5
Emozione - 3.5

3.5

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