Dark Matter: recensione della serie sci-fi Apple TV+

La recensione della serie Apple TV+ con Joel Edgerton e Jennifer Connelly protagonisti. Dall’8 maggio disponibili i primi due episodi.

Dark Matter è una serie sci-fi, più cerebrale che nerd, che muove da un interrogativo esistenzialista: il what if che tormenta, come le vite di tutti noi, anche quella di un insegnante di fisica a cui viene offerta la possibilità di sperimentare altre esistenze possibili. A suo rischio e pericolo

Dark Matter: Jason, grande promessa della fisica, ha l’opportunità di vivere la vita non vissuta. Ma quante sono le vite non vissute possibili?

Dark Matter; cinematographe.it

La meccanica quantistica, a differenza della più ‘noiosa’ meccanica classica, si fonda su una bizzarria: la materia, più si fa piccola, più diventa eccentrica. Ogni cosa è formata da molecole; ciascuna molecola è formata da combinazioni di atomi; ciascun atomo – a dispetto dell’etimologia che lo vorrebbe “indivisibile” – da ulteriori ‘grani’ di atomo, i quali assumono una condotta contraria ai più prevedibili montaggi superiori, dal momento che sono in grado, ad esempio, di prendere più direzioni e di trovarsi in due luoghi contemporaneamente. 

Dark Matter, serie Apple TV+, tratta dall’omonimo romanzo di fantascienza di Blake Crouch (che collabora allo script), s’appropria della magia dei quanti per immaginare altri percorsi di vita possibili per il suo protagonista Jason, interpretato da Joel Edgerton, anche produttore dello show. Insegnante di fisica in un college di Chicago, Jason è felicemente sposato con Daniela, un’artista, e ha con lei un figlio quindicenne, Charlie. Invitato da un collega neuroscienziato a festeggiare la (cospicua) borsa di studio vinta da quest’ultimo, Jason si sbronza e finisce vittima di un rapimento. Al suo risveglio, si ritrova in un’altra esistenza, nella quale il bivio di quindici anni prima – scegliere tra la vita di famiglia e la carriera accademica – si è risolto in un’altra direzione. Ora, però, sta a Jason capire se l’alternativa non percorsa e adesso percorribile sia migliore della precedente e se, qualora la precedente risulti in fondo preferibile, sia possibile tornare indietro. 

Il plot, più intricato di come, ond’evitare spoiler, è stato riassunto, tradisce, pur nella sua brevità, due delle anime della serie: da una parte, il confronto tra ragioni della scienza e inquietudini etiche proprio del genere sci-fi, un genere che prende vitalità dai misteri della natura e li piega a un’indagine su quanto di ignoto, oltre che fuori di noi, anche dentro di noi resiste alla comprensione e alla decodifica razionale. La materia oscura non è soltanto ciò a cui si può attingere solo indirettamente, attraverso la rilevazione dei suoi effetti, ma anche quel nocciolo impenetrabile di alterità che alberga nell’essere umano, il suo grumoso cuore di tenebra. D’altra parte, Dark Matter sembrerebbe seguire la quantistica non soltanto per dipanare l’interrogativo esistenzialista di Jason – “E se avessi preso un’altra decisione, quindici anni fa, ora anche io sarei una star della ricerca scientifica?” –, non si chiede soltanto se, come i grani d’atomo, anche le nostre piccole vite potrebbero ‘consumarsi’ simultaneamente in diverse parti dell’universo, senza escludersi a vicenda. Fa anche un’altra cosa: moltiplica i mondi possibili e i passaggi che permettono a Jason di abitarli tutti

Dark Matter: conclusione e valutazione

dark matter recensione cinematographe.it

La materia può comportarsi come un corpo o come un’onda: Dark Matter segue il corpo di Jason nei suoi passaggi da una scatola esistenziale all’altra, ma prova a mettere in scena anche le conseguenze prodotte dalla rifrazione risultante dal movimento ondulatorio, il meccanismo di superfetazione di questo corpo ubiquo, la confusione e la frammentarietà che la sua simultanea sussistenza in più luoghi genera. Fa, insomma, qualcosa di molto complesso che richiede, inevitabilmente, allo spettatore non solo attenzione e pazienza, ma anche una certa predisposizione a compiere un’avventura intellettuale, un trip psichedelico nell’assurdità quantisticamente ‘sostenibile’ del multiverso. Tuttavia, sia l’operazione di valorizzazione degli ingranaggi inventivi – l’affidarsi troppo all’idea di fondo, alle istruzioni ‘algoritmiche’ che fanno procedere il racconto –, sia il rammollimento di una scrittura troppo monocorde e tragicamente priva di vezzi intimisti, sia le atmosfere asettiche – qualcuno dirà necessarie al genere, ma alla lunga troppo vacuamente estetizzanti – raffreddano la materia sentimentale della rappresentazione. Da questo eccesso di freddezza, da questo robotismo drammaturgico, scaturisce, a ben guardare, un paradosso: Dark Matter non funziona del tutto proprio perché tutto funziona troppo

Regia - 3
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 2

2.8

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