Blood and Water – stagione 3: recensione del teen-thriller Netflix

La serie, con protagoniste due sorelle dell'upper class di Cape Town, si rinnova di nuovi episodi: se il plot principale appare consumato, le sottotrame, sfilacciandosi, aprono a nuovi percorsi narrativi.

Sul catalogo Netflix, ricompare la scuola d’élite di Blood and Water, con le sue due studentesse-sorelle prestate all’indagine su traffici di bambini: i nuovi episodi riaprono lo scenario, in parte già chiuso, della seconda stagione. E, se molti grovigli di trama si districano, nuovi nodi si formano. In attesa di un quarto capitolo.

Dove eravamo rimasti: Puleng e Fikile, sorelle a metà, riprendono la loro vita di adolescenti privilegiate, tra amori triangolari e nuovi misteri

Blood and water 3 recensione cinematographe.it
Ama Qamata e Khosi Ngema sono le giovani attrici protagoniste di ‘Blood and Water’, giunto alla sua terza stagione per un totale di diciannove episodi.

In Blood and Water, di cui da pochi giorni sono disponibili gli episodi della terza e nuova stagione su Netflix, ritroviamo Puleng e Fikile circa tre settimane dopo quanto era accaduto nell’ultimo episodio della seconda. Nel capitolo precedente, le due protagoniste, adolescenti di Città del Capo unite da un mistero che sono determinate a risolvere, si erano scoperte sorelle per metà: la prima, conosciuta a una festa la seconda, si era convinta – a ragione – che questa fosse la sorella, di poco maggiore, rapita neonata in ospedale e finita chissà dove, un fantasma di cui la sua famiglia non era mai riuscita a liberarsi. Del rapimento della bambina era stato accusato Julius, il padre di Puleng, che, nella seconda stagione, scopriamo non essere anche il padre di Fikile, concepita dalla moglie, madre biologica di entrambe le ragazze, durante un breve periodo di crisi coniugale, in seguito superato. Nel terzo capitolo, gli sceneggiatori dispongono tutti gli elementi per risolvere l’intrigo relativo al traffico di neonati: da scoprire, alle due sorelle improvvisatesi detective, resta molto poco, ma il plot principale trova comunque il modo di sfrangiarsi in plot secondari forieri di ulteriori scenari, tra triangolazioni amorose e nuovi personaggi.

Blood and Water: la terza stagione estende la seconda senza alcuna rimodulazione dell’impostazione originaria di teen drama

BLOOD & WATER: SEASON 3 . (L to R) Ama Qamata as Puleng Khumalo, Thabang Molaba as Karabo ‘KB” Molapo in Blood & Water S3. Cr. Courtesy of Netflix © 2022

L’impressione è che Blood and Water, da prodotto seriale nato in una regione periferica dell’industria audiovisuale, sia riuscito a imporsi soprattutto su un pubblico teen e che ora voglia capitalizzare l’insperato successo ipotecandosi la longevità distributiva. La rappresentazione di un contesto privilegiato – una scuola fittizia a cui s’iscrivono i rampolli dell’alta borghesia sudafricana – suggerisce un accostamento con Élite, anche se le adolescenze che quest’ultima racconta in Blood and Water appaiono più addomesticate: la fusione tra high school drama d’impostazione tradizionale e il filone mystery che, alla meccanica dell’intrigo in cui prevale l’elemento thrilling, sovrappone la specificità socioantropologica del Sudafrica si può considerare riuscita in relazione al target di riferimento. È impossibile, tuttavia, non notare e non lamentare l’appiattimento degli immaginari su modelli plastici e patinati, che non tengono conto della differenza culturale e, anzi, l’assorbono e neutralizzano nella riproduzione di iconografie dominanti. Tali iconografie riflettono senz’altro l’avvenuto processo di globalizzazione, ma sono anche sintomo di una certa sciatteria inventiva, di un accomodamento ai modelli facili.

Quel che piace di Blood and Water è, infatti, la sua vocazione intrattenitiva, vocazione che ricorre all’universalità dei topoi televisivi dell’adolescenza: indecisioni sentimentali; conflitti coi genitori e tra pari; la scoperta della fragilità di quel mondo adulto che l’infanzia mitizza e la stagione immediatamente successiva della vita inizia invece a demolire. Cape Town, e la società sudafricana che lì vi è condensata, si para allora come fondale piatto, che fa da cornice anonima a moti trascendenti rispetto all’ambiente da cui pure dovrebbero derivare: l’ambientazione non è cartolinesca né folkloristica, bensì inerte, incapace di stabilire una relazione con i personaggi, proprio perché esclusa dall’operazione di drammatizzazione, che appunto investe articolazioni universali, indifferenti alla contingenza. La scansione in tre stagioni ritma quello che, in verità, è un flusso senza soluzione di continuità: compulsione a movimentare, attraverso continui colpi di scena e relative palpitazioni, le esistenze dorate di due ragazzine che si scoprono sorelle e devono accettare i cambiamenti che tale scoperta comporta: tra complicità e avversione, dolori piccoli e grandi, non è sempre facile.

Regia - 2
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 2
Recitazione - 2
Sonoro - 2
Emozione - 2

2

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