Steve Martin: 9 curiosità sul grande attore di Hollywood
Alcuni aneddoti sull'attore e comico statunitense.
Steve Martin è uno di quegli artisti che sfuggono a qualsiasi etichetta. Comico, attore, sceneggiatore, scrittore, musicista e collezionista, la sua carriera è un viaggio che attraversa mondi diversi, sempre con la stessa cifra stilistica: intelligenza, ironia e un pizzico di eccentricità. La sua storia personale e professionale è ricca di episodi sorprendenti, di scelte insolite e di passioni che lo rendono una figura unica nel panorama di Hollywood. Ecco 8 curiosità che raccontano Steve Martin in tutta la sua complessità, dall’infanzia in California alle sale prestigiose dell’Academy.
1. Dai guadagni a Disneyland ai trucchi di magia

Prima di diventare famoso, Steve Martin si guadagnava qualche spicciolo a Disneyland. Il suo primo incarico era vendere guide turistiche all’interno del parco, al prezzo di due centesimi di guadagno per ogni copia venduta. Sembrava un lavoretto passeggero, ma quel luogo si rivelò fondamentale per il suo futuro. Poco dopo riuscì a ottenere un posto al “Magic Shop”, il negozio dedicato alla magia, dove imparò giochi di prestigio, tecniche per creare animali con i palloncini e affinò anche la passione per il banjo. Tutti elementi che negli anni sarebbero entrati a far parte del suo repertorio da cabarettista. Lavorare a Disneyland, a stretto contatto con turisti e curiosi, lo obbligò a sviluppare una capacità essenziale per la comicità: catturare e mantenere l’attenzione del pubblico. Era il 1955 e, senza saperlo, Martin stava vivendo una delle esperienze formative più importanti della sua vita.
2. Steve Martin: cheerleader alle superiori
Alla Garden Grove High School, Steve Martin era già una presenza fuori dal comune. Non si limitava a studiare, ma sceglieva attività che gli permettessero di esprimere la sua personalità. Frequentava corsi di teatro e di poesia inglese, coltivando il gusto per l’arte e la parola, ma allo stesso tempo decise di unirsi alla squadra di cheerleader. Un ruolo insolito per l’epoca, che però lui interpretava con entusiasmo travolgente. Non a caso preferiva definirsi “yell-leader”, più che cheerleader, proprio perché vedeva in quell’esperienza non solo la parte acrobatica, ma la possibilità di guidare e motivare la folla. Questo lato carismatico, capace di unire espressione artistica e comunicazione diretta, sarebbe diventato parte integrante del suo stile comico. Non era semplice per un ragazzo distinguersi in questo modo, ma Martin non si è mai adattato a ciò che ci si aspettava: preferiva seguire l’istinto, anche quando lo portava fuori dagli schemi.
3. Saturday Night Live e il mito televisivo

Negli anni ’70, quando approdò al Saturday Night Live, Steve Martin era già un cabarettista promettente, ma fu lì che divenne una vera icona. Molti credono che fosse un membro fisso del cast, ma la verità è che non lo fu mai. Nonostante ciò, il suo legame con il programma è leggendario: 27 apparizioni complessive, di cui 15 come conduttore, un record superato solo da Alec Baldwin. Martin portava sul palco una comicità surreale, fatta di numeri musicali, monologhi esagerati e battute brillanti, conquistando milioni di telespettatori. La sua presenza era talmente costante e memorabile che il pubblico finì per identificarlo con SNL, anche senza una “tessera ufficiale” da membro del cast. Ogni volta che tornava sullo show, l’attesa era enorme e gli ascolti premiavano quella scelta. È grazie a queste apparizioni che Martin consolidò il suo ruolo di entertainer totale, capace di muoversi tra musica, sketch e stand-up con disinvoltura assoluta.
4. Il padre molto critico di Steve Martin
Il successo, però, non portò subito soddisfazione in famiglia. Glenn Martin, padre di Steve, era un agente immobiliare che da giovane aveva tentato senza successo la carriera d’attore. Forse per frustrazione, forse per scetticismo, non appoggiò mai i progressi del figlio. Quando Steve iniziò a farsi conoscere grazie al Saturday Night Live, il padre lo criticò duramente, arrivando a dire che quello show fosse “la cosa più orribile della televisione”. Anche quando il figlio debuttò al cinema con The Jerk, che lo consacrò al grande pubblico, Glenn commentò freddamente: “Beh, non è Charlie Chaplin”. Un confronto pesante, soprattutto per un giovane artista alle prese con la fama e con i primi veri riconoscimenti. Fortunatamente, la madre di Steve ebbe un atteggiamento opposto: lo sostenne sempre, dimostrando quanto fosse importante avere almeno una voce familiare che credesse in lui. Questo contrasto segnò profondamente Martin, ma lo spinse anche a dimostrare che il suo percorso non era un capriccio, bensì un destino.
5. Il ruolo mancato in Eyes Wide Shut

Steve Martin non è solo commedia. O almeno, non lo sarebbe stato, se le cose fossero andate diversamente. Pochi sanno che Stanley Kubrick pensò a lui come protagonista di Eyes Wide Shut. Il regista lo invitò a cena per discutere del progetto: i due parlarono a lungo di cinema, giocarono a scacchi e Kubrick gli espose le sue idee. Alla fine, però, non se ne fece nulla. Il ruolo andò a Tom Cruise, ma resta l’ipotesi affascinante: come sarebbe stata la carriera di Martin se avesse interpretato un personaggio enigmatico e drammatico in un film tanto discusso? Di certo il pubblico avrebbe scoperto una nuova sfumatura di lui, lontana dalla comicità brillante che lo ha reso famoso. Questo episodio dimostra comunque quanto il talento di Martin fosse riconosciuto anche da maestri del cinema noti per la loro severità e visione rigorosa. Non era solo un comico: era un attore completo, potenzialmente capace di affrontare qualsiasi registro.
6. Steve Martin tra Oscar e fragilità nascoste
Nonostante una filmografia ricca di successi, Steve Martin non ha mai ricevuto una nomination agli Oscar. Un paradosso, se si pensa a quanto abbia inciso sul cinema americano. La sua “rivincita” arrivò sotto forma di conduzioni: nel 2001, 2003 e 2010, fu il presentatore ufficiale della cerimonia. Finalmente, nel 2014, l’Academy gli assegnò un Oscar onorario, riconoscendone il valore. Ma dietro al sorriso sempre pronto c’erano anche momenti difficili. Nella sua autobiografia Born Standing Up ha rivelato di aver sofferto di attacchi di panico molto forti durante gli anni della stand-up comedy, tanto da temere ogni volta di avere un infarto. Questo lo portò a sviluppare un atteggiamento ossessivo verso la salute, vicino all’ipocondria.
7. Le passioni: banjo e collezioni d’arte

Steve Martin è un artista completo perché non si è mai limitato alla recitazione. La musica, in particolare il bluegrass, è una sua grande passione. Ha iniziato a suonare il banjo da ragazzo e non ha mai smesso: oggi si esibisce ancora con la sua band, gli Steep Canyon Rangers, portando il suo amore per questo genere in giro per il mondo. Nel 2010 ha anche fondato lo “Steve Martin Prize for Excellence in Banjo”, un premio da 55.000 dollari destinato ai giovani talenti del bluegrass, dimostrando il suo impegno per sostenere nuove generazioni di musicisti. Non meno importante è la sua passione per l’arte: iniziò a collezionare a soli 21 anni, acquistando un dipinto di James Gale Tyler, e oggi possiede opere di Picasso, Hopper, Hockney, Lichtenstein e Fischl. Per lui, l’arte è una fuga, un mondo lontano dallo spettacolo dove può lasciarsi ispirare senza pressioni. “Collezionare arte è il mio più grande hobby”, ha detto, “perché è qualcosa di completamente diverso da quello che faccio ogni giorno”.
8. Steve Martin e la vita privata: padre a 67 anni
Sul piano personale, Steve Martin ha sempre mantenuto una certa riservatezza, ma questo non gli ha impedito di sorprendere i suoi fan. Dopo il matrimonio con l’attrice Victoria Tennant, dal 1986 al 1994, trovò l’amore con la scrittrice Anne Stringfield. La loro cerimonia di nozze, nel 2007, è rimasta famosa perché organizzata in gran segreto: gli invitati pensavano di essere a una festa qualunque a casa di Martin, finché lui non si presentò in smoking con la sposa, lasciando tutti di stucco. Tra gli ospiti c’erano star del calibro di Tom Hanks ed Eugene Levy, testimoni inconsapevoli di un matrimonio a sorpresa. La coppia ha avuto una figlia nel 2012, quando Steve aveva già 67 anni, trasformandolo in un papà maturo e consapevole. Oggi lui e la moglie hanno scelto di crescere la bambina lontano dai riflettori, per garantirle un’infanzia normale e serena, lontana dalle pressioni di Hollywood. Una scelta coerente con l’immagine di Martin: un uomo capace di vivere la fama con ironia, ma sempre protettivo verso la sua vita privata.
9. Steve Martin: i film e le serie

La carriera di Steve Martin è stata segnata da ruoli che hanno saputo mescolare ironia, tenerezza e anche sfumature malinconiche, trasformandolo in una delle figure più versatili di Hollywood. Il suo primo grande successo al cinema arrivò con The Jerk (1979), dove vestiva i panni del goffo e ingenuo Navin Johnson, un personaggio che lo rese una star della comicità. Negli anni ’80 confermò la sua vena brillante con interpretazioni memorabili come quella del dottor Hfuhruhurr in The Man with Two Brains (1983) e soprattutto quella di Neal Page in Un biglietto in due (1987), film che unisce comicità e malinconia e che ancora oggi è considerato uno dei suoi lavori più riusciti. Non meno iconico il suo C.D. Bales in Roxanne (1987), rivisitazione moderna e romantica di Cyrano de Bergerac, o il truffatore Freddy Benson in Dirty Rotten Scoundrels (1988), capace di dare vita a una commedia elegante e raffinata. Negli anni ’90 conquistò un nuovo pubblico con Il padre della sposa e il suo sequel, dove mostrava il volto più tenero e familiare di un padre alle prese con i cambiamenti della vita domestica, mentre in L.A. Story rivelava una vena poetica e satirica. Negli anni 2000 ha osato sfidare la leggenda di Peter Sellers vestendo i panni dell’ispettore Clouseau nei reboot di The Pink Panther, per poi reinventarsi negli anni recenti con la serie Only Murders in the Building, al fianco di Martin Short e Selena Gomez.