Wes Anderson rivela come si fa il suo celebre filtro! Il regista svela i retroscena di uno dei tormentoni più virali del web

Ospite di Radio Deejay, il regista statunitense ha svelato come realizzare lo stile visivo dei suoi film.

Nella lista dei i registi che più curano lo stile visivo dei propri film, al primo posto troviamo il nome di Wes Anderson. A pochi giorni dal debutto nelle sale della sua ultima fatica Asteroid City, il regista statunitense è atterrato a Milano per presentare la mostra Wes Anderson – Asteroid City: Exhibition, che sarà inaugurata il 23 settembre, per proseguire fino al 7 gennaio 2024, allestita nella galleria Nord di Fondazione Prada, che cura l’allestimento insieme a Universal Pictures Italia. Ospite di Deejay Chiama Italia, la trasmissione radiofonica di Radio Deejay condotta da Linus e Nicola Savino, Wes Anderson ha finalmente rivelato come si realizza il suo celebre filtro, diventato ormai virale sui social.

Wes Anderson rivela come si fa il suo celebre filtro

Wes Anderson; cinematographe.it

Quando giriamo un film per prima cosa usiamo luce naturale. Per gli interni spegniamo tutte le luci e costruiamo dei soffitti di vetro. È una cosa che si faceva ai tempi del cinema muto. Poi, in post produzione, riduciamo il contrasto in modo aggressivo“, ha dichiarato Wes Anderson a domanda precisa di Linus. In seguito, il regista ha svelato il suo particolare legame con il nostro paese e il nostro cinema: “Capisco poco l’italiano. Qui ho girato anche un film, tanto tempo, fa: La vita acquatica di Steve Zissou. Abbiamo girato a Cinecittà, a Sabaudia e Anzio. Siamo stati al mare per 80 giorni. E poi, con la Fondazione Prada, ho girato il corto Castello Cavalcanti. Adoro il cinema europeo, in particolare quello italiano: Fellini è un mio punto di riferimento. Penso sempre a 8 e 1/2 e Amarcord: ho studiato e analizzato a lungo le sceneggiature, per capire come funzionano i film. Ma è impossibile: è un mistero. Il film sono i ricordi di Fellini e funziona perché la sua voce è così forte. A me succede il contrario: spesso i miei film sono ricordi che avrei voluto avere“.