Valentina Lodovini vittima del languishing: “è una parola che rende il senso di un grande disorientamento”

Un termine che per l'attrice descrive perfettamente la situazione che il nostro paese vive ormai da un anno e mezzo.

La pandemia da COVID-19 e le relative chiusure a causa dei ripetuti lockdown hanno stravolto il nostro paese da più di un anno, specialmente dal punto di vista economico. Uno dei settori maggiormente colpiti dalla pandemia è senza dubbio quello dello spettacolo, soprattutto per quanto riguardo le maestranze. Al contrario, attori, registi e cantanti di primo piano se la stanno cavando economicamente ma lamentano il desiderio di tornare a contatto con il proprio pubblico. Ma anche loro, come quasi la maggior parte degli italiani, sono disorientati da questa situazione, tra cui la bella e brava Valentina Lodovini, una delle attrici di punta del cinema italiano.

Valentina Lodovini e il suo senso di disorientamento dovuto alla pandemia

Valentina Lodovini; cinematographe.it

Durante un’intervista rilasciata a Il Messaggero per promuovere l’uscita di due film che la vedono protagonista (La terra delle donne di Marisa Vallone e L’afide e la formica di Mario Vitale), Valentina Lodovini il “suo” anno e mezzo di pandemia dicendosi non depressa bensì disorientata:

Non sono depressa e non sono arrabbiata. Languishing è la parola giusta. Rende il senso di un grande disorientamento. È passato un anno e mezzo dal principio della tragedia e oggi, nonostante mi ritenga sotto molti punti di vista una privilegiata, mi è molto difficile ritrovare l’equilibrio. Il tempo mi scorre addosso, mi capita continuamente di non ricordare che giorni sia della settimana. Ho, come tutti, alti e bassi. A volte ho ancora tanta paura, altre volte mi sento come anestetizzata. Mi sforzo di vivere nel presente, di essere grata per quello che ho. Ma è tosta.

L’attrice ha sottolineato come la pandemia abbia scoperchiato le nostre paure e le nostre fragilità, mettendo a dura prova la nostra salute mentale:

Penso che la nostra salute mentale sia stata messa a dura prova, e che sia molto difficile tornare indietro. Il Covid ha scoperchiato le nostre fragilità: non possiamo più far finta di non vederle. Ci ha messi di fronte al nostro rapporto con il lutto, arrivandoci addosso all’improvviso, dall’esterno, come un male che da soli non possiamo combattere. Anche questo produce una sensazione di sconfitta: ancora oggi io mi sveglio e guardo i dati del contagio, vado a dormire e ricontrollo. È una routine. E penso spesso a chi è rimasto da solo, sentendomi impotente.