Sbatti il mostro in prima pagina: standing ovation a Cannes per la versione restaurata del classico con Gian Maria Volonté

Applausi e standing ovation a Cannes Classics per la versione restaurata di Sbatti il mostro in prima pagina di Marco Bellocchio.

Il cult Sbatti il mostro in prima pagina, diretto nel 1972 da Marco Bellocchio, è stato presentato al Festival di Cannes nella sezione Cannes Classics, nella versione restaurata in 4K dalla Cineteca di Bologna, in collaborazione con Surf Film, Kavac Film e con la supervisione dello stesso regista. La proiezione alla kermesse ha generato applausi e una standing ovation da parte del pubblico in sala.

La Cineteca di Bologna ha portato sulla Croisette il restauro del film del 1972 di Marco Bellocchio interpretato da Gian Maria Volonté

Sbatti il mostro in prima pagina Cannes cinematographe.it

Interpretato da Gian Maria Volonté nel ruolo del redattore capo Giancarlo Bizanti, Sbatti il mostro in prima pagina “racconta una storia che attraversa una serie di eventi reali che hanno scosso in quegli anni la coscienza del paese”, come ha scritto Gian Piero Brunetta nella sua Storia del cinema italiano. “Si va dai riferimenti a primi episodi terroristici, come le bombe alla Fiera campionaria di Milano del 1969, o di cronaca nera (la morte di Milena Sutter) a episodi di guerriglia urbana o a eventi traumatici come la strage di Piazza Fontana, la morte dell’anarchico Pinelli, o quella dell’editore Giangiacomo Feltrinelli”. Un film, prosegue Brunetta, che ha “la capacità di trasmetterci il senso di tensione sociale di temperatura ideologica in aumento e di lotta cieca e senza esclusione di colpi tra le varie forze organizzate, istituzionali e spontanee”.

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Goffredo Fofi, co-sceneggiatore del film assieme a Sergio Donati, ha raccolto nel suo Il cinema italiano d’oggi (1984) la testimonianza di Marco Bellocchio: “La lavorazione di Sbatti il mostro in prima pagina era iniziata con Sergio Donati come sceneggiatore e regista. Di comune accordo lui e il produttore avevano giudicato che Donati non era in grado di poter passare ancora alla regia, e così Franco Committeri si dette da fare per trovare uno che riprendesse il film. Io accettai perché m’interessava un’esperienza di questo genere; saltare su un treno già in marcia, vedere cosa si poteva fare come lavoro strettamente professionale, e anche trasformare il film, che era un giallo sul mondo del giornalismo milanese, in un film di taglio politico. Mi trascinai appresso Fofi e con lui riscrivemmo velocissimamente la sceneggiatura giorno per giorno, mentre si girava. Restarono gli ambienti, restarono quasi tutti gli attori, ma vennero aggiunti nuovi ruoli, tra cui quello fondamentale di Laura Betti, e la storia diventò completamente diversa”.

Questo il ricordo dello stesso Goffredo Fofi: “Il mio modello era il Fritz Lang dei piccoli film americani. Una storia veloce che mostrasse il funzionamento del potere dentro i mass-media a partire da un caso di manipolazione politica che era ricalcato su quello di Valpreda”.