Questo film ha completamente distrutto l’algoritmo di Netflix
Un film ha distrutto l'algoritmo di Netflix, a tal punto che hanno indetto un concorso da 1 milione di dollari per risolvere il problema
C’è stato un tempo, non troppo lontano, in cui Netflix non era ancora il colosso globale dello streaming, ma un “videonoleggio digitale” che cercava di conquistare gli abbonati con una promessa: un algoritmo capace di consigliarti sempre il film giusto. Sembrava una rivoluzione, una di quelle idee che avrebbero cambiato per sempre l’esperienza dello spettatore. Eppure, bastò un singolo titolo, Napoleon Dynamite (2004), per mandare tutto in tilt, al punto da costringere l’azienda a lanciare un concorso da un milione di dollari per chi fosse riuscito a risolvere l’enigma.

Il problema era semplice nella sua complessità: Napoleon Dynamite, diretto da Jared Hess, era un film divisivo come pochi. Amatissimo da alcuni, detestato da altri, non lasciava spazio a mezze misure. Gli spettatori gli davano o una stella o cinque, creando un buco nero per qualsiasi sistema di raccomandazione automatica. In quegli anni, Netflix si affidava a Cinematch, il suo primo algoritmo, che richiese anni di sviluppo ma non riusciva a gestire questa polarizzazione estrema. Se nella maggior parte dei film l’algoritmo trovava connessioni solide nell’80% dei casi, con Napoleon Dynamite si scendeva a un imbarazzante 1,2%. Un disastro.
Nel 2007, in piena fase di trasformazione da servizio di noleggio DVD a piattaforma di streaming, Netflix decise di correre ai ripari con una sfida globale: migliorare Cinematch di almeno il 10%. In palio, un milione di dollari. “Quel miglioramento ci varrebbe molto più del premio”, spiegò il cofondatore Reed Hastings al New York Times. In poche settimane, circa 30.000 programmatori e data scientist da tutto il mondo si lanciarono nell’impresa, molti dei quali convinti che risolvere l’anomalia di Napoleon Dynamite fosse la chiave del successo.

Il film di Hess, tuttavia, non era l’unico “sasso nello stagno”. Anche titoli come Lost in Translation, Sideways, Kill Bill o documentari politici come Fahrenheit 11/9 sfuggivano a ogni logica previsionale. Non era solo una questione matematica, ma culturale: un algoritmo non riusciva a sostituire la sensibilità di un commesso del videonoleggio capace di interpretare i gusti del cliente. Non a caso, già allora si ipotizzava che il futuro delle raccomandazioni sarebbe passato da un approccio più “social”, basato su cosa guardavano gli amici. Una previsione che, col tempo, si è rivelata profetica.
Alla fine, nel 2009, il team Pragmatic Chaos di BellKor, composto in gran parte da ingegneri AT&T, riuscì nell’impresa: Cinematch migliorò del 10,06%, aggiudicandosi il premio milionario. Ma resta il mistero: cosa avrà mai suggerito l’algoritmo a chi guardava Napoleon Dynamite? Forse lo stesso film, ancora e ancora. O forse nulla. Di certo, quella “dinamite” ha segnato un’epoca e ha dimostrato che, per quanto sofisticata, la tecnologia resta spesso imprevedibile quando cerca di decifrare il cuore – e i gusti – degli esseri umani.
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