Natasha Stefanenko racconta la sua infanzia da incubo in Russia: “Ho vissuto col terrore del bottone rosso”

"Vivevo in una città fantasma che non esisteva neanche sulla cartina", ha dichiarato l'attrice e conduttrice.

L’Italia le ha regalato fama e successo, ma Natasha Stefanenko non dimentica i suoi primi anni di vita vissuti in Russia, nell’allora Unione Sovietica. L’attrice e conduttrice è nata infatti a Sverdlovsk, città situata sul lato orientale degli Urali, il 18 aprile 1969 da un’insegnante d’asilo e un ingegnere nucleare impiegato presso un sito militare sovietico. In una recente intervista, la Stefanenko è tornata a parlare della sua infanzia vissuta in territorio russo in piena Guerra Fredda: ecco le sue dichiarazioni!

Natasha Stefanenko e la sua infanzia da incubo in Russia

Natasha Stefanenko; cinematographe.it

Natasha Stefanenko, lo scorso 7 settembre, è stata ospite del talk show pomeridiano di Rai 1 Oggi è un altro giorno, condotto da Serena Bortone. L’attrice e conduttrice ha ripercorso la sua infanzia in Russia. “Vivevo in una città fantasma che non esisteva neanche sulla cartina. Non potevo dire da dove venivo dove venivano costruire le armi atomiche. Vivevo nell’ansia e quando ho cominciato a fare le gare di nuoto ho capito che non ero come le altre ragazze. Di quegli anni ho comunque ricordi bellissimi grazie alla mia famiglia che è sempre stata molto unita”, ha rivelato.

Non è la prima volta che Natasha Stefanenko parla della sua difficile infanzia. Nel 2016, durante un’intervista rilasciata ad Aldo Dalla Vecchi per Mistero Magazine, aveva dichiarato: “Per cinquant’anni la mia città natale non ha avuto nemmeno un nome, ma solo un numero: 45.  A lungo non l’ho detto nemmeno a mio marito, perché così mi era stato insegnato fin da piccola, la mia famiglia adesso vive a Mosca, anche per la paura delle radiazioni, che lì sono sempre state molto alte”. Nel 2019, invece, nel talk show Vieni da me condotto da Caterina Balivo, aveva rivelato: “Ho vissuto tantissimo tempo col terrore del bottone rosso. A scuola ci dicevano che prima o poi gli americani avrebbero spinto il pulsante della bomba atomica e ci avrebbero fatto tutti saltare in aria. E’ stato un periodo che non dimenticherò mai. Vivevo nel terrore. Dovevamo fare tutto quello che ci dicevano. Ad esempio non potevo portare orecchini, ci dicevano che essere belle non era giusto. Dovevamo essere tutte pecore”.