Leonardo DiCaprio e quel ruolo che lo fece impazzire: “Volevo sbattere la testa contro un muro”

Leonardo DiCaprio ha avuto un periodo molto difficile durante uno dei ruoli più trascurati della sua carriera

Oggi il nome di Leonardo DiCaprio è sinonimo di eccellenza cinematografica, ma non sempre è stato così. Prima di diventare l’attore-feticcio di registi come Scorsese, l’interprete di ruoli titanici e tormentati, DiCaprio è stato anche un giovane divo alle prese con la fama improvvisa — e con una maschera, letteralmente.

Dopo l’esplosione mondiale di Titanic nel 1997, il ventiquattrenne Leonardo cercava disperatamente di scrollarsi di dosso l’immagine del “ragazzo d’oro” che aveva fatto innamorare mezzo pianeta. Scelse così un progetto radicalmente diverso: La maschera di ferro (1998), un film in costume ispirato ai romanzi di Dumas, dove interpretava non uno, ma due ruoli — il tirannico Re Luigi XIV e il suo gemello, il misterioso prigioniero dal volto nascosto. Una sfida, sì. Ma anche un incubo.

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In un’intervista del 2012 rilasciata a The Standard (ripresa poi da Far Out Magazine), DiCaprio ricordò quell’esperienza con un certo sarcasmo: “Dieci minuti dopo aver indossato la maschera, volevo sbattere la testa contro un muro per la frustrazione. Ho dovuto tenerla addosso finché non è diventata parte di me. Avrei potuto avere un crollo nervoso se avessi dovuto girare tutto il film così.”

Un malessere che non era solo fisico. Dopo Titanic, l’attore si trovava in piena crisi d’identità artistica: amato dalle folle, ma non ancora rispettato dall’industria. “Volevo smettere di recitare per un po’”, confessò anni dopo alla BBC. E in effetti, La maschera di ferro non lo aiutò granché.

Il film, nonostante il cast di alto profilo (Jeremy Irons, John Malkovich, Gérard Depardieu), venne accolto tiepidamente: 49 su 100 su Metacritic, appena il 33% di recensioni positive su Rotten Tomatoes. Il Washington Post scrisse: “Non c’è niente qui per cui valga la pena arrabbiarsi o entusiasmarsi particolarmente.” DiCaprio, intanto, vinse un Razzie Award come “peggior coppia sullo schermo” — con se stesso.

Eppure, anche nei momenti più incerti, c’è sempre un guizzo. Il film incassò bene, e per quanto il giovane Leo non ne fosse entusiasta, quell’esperienza lo spinse a riflettere sul mestiere, a cercare qualcosa di più autentico, più umano. Di lì a poco avrebbe incontrato Scorsese, e il resto, come si suol dire, è storia.

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