Lars Von Trier, il processo creativo e la sua malattia: “ho usato i film come motivo per alzarmi dal letto”

Lars Von Trier racconta il periodo di depressione e il processo creativo che ha dato vita ad alcuni dei suoi film più acclamati.

Lars Von Trier, regista e sceneggiatore danese, noto per capolavori cinematografici come Le onde del destino, Dogville, Il grande capo, Anthichrist, Melancholia e Nymphomaniac, celebre per il movimento Dogma 95 che prevedeva, tra le altre cose, la realizzazione di pellicole minimaliste e la regola di trattare duramente i propri attori sul set al fine di poter ottenere il massimo da loro è considerato uno degli autori del cinema internazionale più influente. Lars Von Trier, regista innovativo e profondo, è stato al centro di numerose controversie, tra cui le più discusse sono state le sue dichiarazioni sul nazismo al Festival di Cannes, che ha successivamente spiegato come un “chiaro scherzo ai giornalisti” e le accuse mosse da Bjork sull’esser stata molestata dal regista. Lars Von Trier è noto anche per le fobie che lo torturano da sempre, delle quali ha più volte parlato durante alcune interviste: “Io di fobie ne ho da vendere“, ha dichiarato. Ha espresso la sua paura di prendere l’aereo, tanto che per partecipare al Festival di Cannes, ogni anno, attraversa l’Europa in camper, ha raccontato che durante il set del film Le onde del destino, che si svolgevano sull’Oceano, lui ha seguite le riprese a distanza, sulla terraferma e ha ammesso di essere fortemente ipocondriaco e di aver sofferto a lungo di periodi di depressione.

Il regista ha dichiarato che l’ansia è sempre stato un disturbo costante nella sua vita, e che con il tempo questa si è trasformata in depressione, una depressione che è riuscito a superare e combattere attraverso il suo lavoro di regista. Anthichrist, Melancholia e Nymphomaniac, rispettivamente del 2008, 2011 e 2014 fanno parte della così detta Trilogia della Depressione, rappresentando tutti i tormenti e la sofferenza che vivevano nell’animo del regista. L’apatia e la totale assenza di interesse ed energia per qualsiasi tipo di attività sono in netto contrasto con tutto ciò che concerne il processo creativo di un film, che ha spinto il regista al passare all’azione iniziando a programmare e organizzare quelli che sono poi diventati 3 dei suoi più apprezzati film.

La Trilogia della Depressione

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Nessuna delle 3 pellicole corrispondono esattamente a ciò che Lars Von Trier stava vivendo in quel momento, ma ognuna rappresenta vari stadi e vari sentimenti che si susseguono in un periodo di depressione. Sia Anthichrist che Melancholia mettono in mostra il forte contrasto tra ragione ed emozione, spesso completamente distinte e incompatibili in uno stato depressivo. Ma mentre in Anthichrist l’incipit della storia parte dal trauma come quello della perdita di un figlio, che trova esplicitazione nel senso di colpa e, nel caso specifico del film, in gesti estremi, in Melancholia è centrale l’incertezza, la sensazione di un benessere impossibile da raggiungere e che da semplice dubbio diventa destino ineluttabile. In entrambi i film è presente la natura matrigna di Leopardi, messa in scena più marginalmente in Anthichrist e più chiaramente in Melancholia.

La visione pessimistica di ciò che circonda l’uomo è un tipico elemento della depressione, cioè di totale sfiducia nel mondo in cui si vive. Melancholia rappresenta anche una complementarità tra la fine del mondo e cioè il pianeta Melancholia che colpirà la Terra e la depressione più cronica che distrugge il mondo interiore della protagonista, la cui sorella Claire rappresenta il totale fallimento della ragione e della scienza di fronte alla malvagità della natura. Il film Nymphomaniac si colloca in una cornice più distante dai primi 2, che si concentra ancor di più sull’individuo e lascia più da parte l’elemento naturalistico e del mondo che circonda gli esseri umani. Ricerca del piacere e solitudine sono i due temi espressi da Lars Von Trier in Nymphomaniac, sempre visti nel contrasto tra ragione ed emozione, qui meglio definiti come riflessione e passione.

Il processo creativo e l’autoanalisi di Lars Von Trier

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L’incapacità di trovare piacere, soddisfazione o interesse per attività ritenute comunemente piacevoli e appaganti, della protagonista Joe, diventa qui il sintomo depressivo più lampante, che è ancora più sofferente e doloroso perché mantiene il desiderio di un piacere impossibile da raggiungere. La riflessione cha scaturisce dal co-protagonista che cerca ancora una volta di razionalizzare ciò che vive il personaggio principale di Joe, chiariscono maggiormente il senso di solitudine, vuoto, mancanza di energia, noia e bisogno del contatto umano.

Ognuna delle 3 pellicole di Lars Von Trier mostra delle devianze, dei diversi punti di vista sulla realtà e varie manifestazioni della malattia della depressione. Sapere che questi film hanno costretto il regista ad uscire dal suo stato depressivo rende il tutto ancora più affascinante, come l’autoanalisi che l’autore ha dovuto fare e il ritrovamento della propria creatività nel momento di ideazione e scrittura. “Il trattamento per uscire dalla depressione è in parte fare qualcosa ogni giorno. Fare un film è un’attività che richiede programmazione, quindi usavo il film come motivo per alzarmi dal letto“.

 

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