Jim Carrey e l’inferno di The Grinch: “Ogni giorno era come essere sepolti vivi”
Per Il Grinch Jim Carrey ha affrontato non solo una trasformazione fisica esasperante, ma anche un vero e proprio calvario psicologico.
Ci sono ruoli che si conquistano con il talento, altri con il carisma. E poi ci sono quelli che si portano a termine con pura sopravvivenza. Jim Carrey lo sa bene: per interpretare il burbero e peloso protagonista di Il Grinch, l’attore canadese ha affrontato non solo una trasformazione fisica esasperante, ma anche un vero e proprio calvario psicologico. Un’esperienza così estrema da richiedere – incredibilmente – l’intervento di un esperto in tecniche di resistenza alla tortura, addestrato dalla CIA.
Il film, tratto dal celebre racconto natalizio del Dr. Seuss, richiedeva che Carrey venisse ingabbiato quotidianamente in una tuta pesante, coperto di protesi elaborate e dipinto da capo a piedi con una tinta verde brillante. Il solo trucco iniziale richiedeva otto ore e mezza di lavoro. Il risultato? Un attore claustrofobico, furente, che nel primo giorno di riprese sfogò la frustrazione prendendo a pugni le pareti del camerino. Disperato, confessò al regista Ron Howard che non avrebbe potuto continuare.

Il produttore Brian Grazer, di fronte al rischio di perdere il protagonista del film, fece allora una scelta insolita quanto geniale: arruolare un ex addestratore della CIA, specializzato nel preparare le spie a resistere agli interrogatori e agli abusi psicologici. In un solo weekend, Jim Carrey ricevette una crash course di sopravvivenza: tecniche di distrazione mentale, esercizi per allontanare i pensieri negativi, strategie per “cambiare contesto”. Gli fu persino consigliato di fumare frequentemente – un’arma poco ortodossa, ma efficace – per mantenere alta la concentrazione durante le interminabili giornate sul set.
In un’intervista successiva, Carrey ha descritto l’esperienza come simile a “essere sepolti vivi ogni giorno”. Una definizione che lascia poco spazio all’immaginazione: “Non riuscivo a vedere, non riuscivo a respirare, non potevo grattarmi. Era come portare un frigorifero sulle spalle”. Ma, malgrado il dolore fisico e la pressione psicologica, l’attore si aggrappava a un mantra semplice ma potentissimo: “È per i bambini! È per i bambini!” Anche Ron Howard, nel tentativo di dimostrare empatia e sostegno, si calò per un giorno intero nei panni (letteralmente) del Grinch, vivendo in prima persona quell’inferno peloso e sintetico.
L’impegno di Carrey non fu vano. Il suo Grinch è entrato nell’immaginario collettivo come una delle interpretazioni più eccentriche e memorabili del cinema per ragazzi. Ma dietro quella maschera verde e quel ghigno iconico, si cela la resilienza di un artista che ha affrontato un tour de force fisico e mentale pur di portare sullo schermo una creatura grottesca, burbera e – alla fine – profondamente umana. Una performance da Oscar? No. Ma sicuramente da manuale CIA.
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