Jennifer Lawrence e la sua esperienza col post-parto: “mi sentivo un’aliena, ansia e depressione possono prendere il sopravvento”
Dolore nudo, psiche a pezzi: la verità di una madre.
Jennifer Lawrence non gira intorno alle parole. Alla conferenza stampa di Cannes, ha raccontato senza filtri quanto sia stato travolgente – e solitario – diventare madre. Lo ha fatto parlando di Die, My Love, film diretto da Lynne Ramsay in cui interpreta Grace, una donna che scivola lentamente nella psicosi dopo il parto. Isolata, sola con il neonato in una casa mezza cadente nel nulla del Montana, mentre il marito (Robert Pattinson) è fuori per lavoro.
Jennifer Lawrence, dal set al marasma del post-parto: “Mi sentivo un’aliena”

“È stato straziante distinguere tra me e lei”, ha detto. “Il post-partum è un’esperienza che ti strappa via dal mondo. Ti senti fuori posto, anche con le persone che ami. Ti senti un alieno“. Non è solo un ruolo. Jennifer Lawrence ha partorito il primo figlio nel 2022, ed era incinta del secondo quando ha girato il film. Quelle emozioni le conosce bene. E non le nasconde: “Ansia estrema, depressione estrema. Ti isolano, ovunque tu sia”.
Il film si basa sull’omonimo romanzo di Ariana Harwicz, ed è il secondo viaggio di Ramsay nei lati oscuri della maternità dopo E ora parliamo di Kevin. Ma questa volta il dolore è più viscerale, più fisico. È il corpo che non risponde. È la mente che traballa. E Lawrence ci si butta dentro.

Anche Pattinson, che nel frattempo è diventato padre, ha colto la complessità del suo personaggio: un uomo che non sa come aiutare la donna che ama. “Non ha gli strumenti. Spera solo che tutto torni com’era prima”. Ma non è così semplice. Non lo è mai.
Eppure, per Jennifer Lawrence, diventare madre ha avuto anche un altro effetto: l’ha aperta. “Non sapevo di poter provare così tanto. Come attrice, questo mi ha cambiata. Mi ha reso migliore”. Poi aggiunge, sorridendo: “Consiglio di avere figli a chi vuole fare questo mestiere. Ti cambiano le viscere”. Un film crudo. Una testimonianza viva. E un grido, finalmente, senza vergogna.
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