Jasmine Trinca sulla perdita del padre e della madre: “alla durezza della vita ho reagito con la buffonaggine”

L'attrice romana, durante un'intervista a Vanity Fair, ha parlato di come ha affrontato la scomparsa dei suoi genitori.

Oggi possiamo dirlo: il regista Nanni Moretti nel 2000 ci aveva visto giusto. Per il ruolo di Irene ne La stanza del figlio provinò ben 2500 candidate, ma scelse una ragazza di appena diciannove anni nata a Roma, ovvero Jasmine Trinca. L’attrice, da quel momento, di strada ne ha fatta e pure parecchia. Nel corso della sua carriera ha vinto due David di Donatello, quattro Nastri d’argento, due Globi d’oro, due Ciak d’oro, il Premio Marcello Mastroianni alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, il premio Gian Maria Volontè e il premio Un Certain Regard come miglior attrice. Oggi la sua vita professionale va a gonfie vele – tant’è che è una delle attrici italiane più richieste – ma la sua vita privata è stata sconvolta da due dolorosi lutti.

Jasmine Trinca e il dolore per la perdita dei suoi genitori

L’attrice, durante un’intervista rilasciata al magazine Vanity Fair, ha parlato della scomparsa dei suoi genitori. Suo padre è morto quando era molto piccola, mentre sua madre è morta recentemente. Due perdite in due momenti diversi della sua vita che l’hanno segnata profondamente in egual misura, ma che l’hanno spinta verso un solo obiettivo: raggiungere la felicità.

Ho perso mio padre da piccolissima, senza quasi averlo mai conosciuto, e a una certa durezza del contesto ho reagito con buffonaggine. Una buffonaggine marcata, insistita, reiterata ed eccessiva già tra i banchi delle scuole elementari. Spiegare la perdita a chi rimane è un passaggio complesso e non credo che mia figlia sia pronta a fare i conti con storie così intime e dolorose. Non è importante raccontarle come se ne siano andati, ma dirle che ci hanno lasciato qualcosa. Mio padre, persino per me stessa, è un ricordo più che sbiadito. Un’idea. Una sorta di fantasma. Una parte di me che non ho conosciuto e con la quale, nel bene e nel male, ho dovuto fare i conti. Ho una vita segnata dalla perdita e per tanto tempo sono stata convinta che non ci fosse spazio per la mia tristezza. Mi preoccupavo troppo di come gli altri mi percepivano. Oggi non m’interessa. Dovremmo tendere a realizzare la nostra felicità.