Festa del Cinema di Roma, Daniel Day-Lewis: “Mi ero ritirato per la pressione. Ma forse non è finita qui”
Dopo otto anni di silenzio, il tre volte premio Oscar ha scelto di riapparire sul grande schermo in un progetto familiare e profondamente personale: Anemone
Daniel Day-Lewis è tornato. Dopo otto anni di silenzio, il tre volte premio Oscar ha scelto di riapparire sul grande schermo in un progetto familiare e profondamente personale: Anemone, il primo film diretto da suo figlio Ronan Day-Lewis, 27 anni, che ha anche co-scritto la sceneggiatura insieme al padre. Presentato ad Alice nella Città, sezione autonoma e parallela della Festa del Cinema di Roma, il film arriverà nelle sale italiane il 6 novembre.
Durante un incontro stampa alla Festa del Cinema di Roma, Day-Lewis ha raccontato cosa lo ha spinto a rimettersi in gioco: “Avevo pensato di smettere non perché non fossi più innamorato del cinema. Era un disagio legato all’aspetto pubblico del mio lavoro, non ho mai imparato ad affrontarlo con naturalezza. Ma dopo questa esperienza così felice, ora sono aperto all’idea di continuare”.
Dopo Il filo nascosto (2017), l’attore aveva annunciato il suo ritiro, lasciando Hollywood orfana di uno dei suoi interpreti più rigorosi e schivi. Oggi, però, il tempo trascorso lontano dai riflettori sembra averlo riconciliato con la sua arte. “È un paradosso”, riflette. “Molti artisti sono timidi, e il cinema diventa un modo per esprimersi. Ma nel momento in cui ottieni attenzione, è difficile spegnerla. Ho vissuto una vita tranquilla come antidoto a tutto questo. Mi dicono che vivo come un recluso, ma non è così: semplicemente non vivo al centro della scena”.
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In Anemone l’attore torna anche come sceneggiatore, raccontando la storia di due fratelli separati da anni di silenzi e dolori. Ambientato tra le brughiere del nord dell’Inghilterra, il film segue Sean Bean nei panni di un uomo alla ricerca del fratello (interpretato da Day-Lewis) ritiratosi a vivere da eremita nei boschi. Un viaggio di riconciliazione e memoria, tra durezza e tenerezza, in un paesaggio che riflette il tormento dei protagonisti.
Il legame con il figlio Ronan è stato al centro di questa rinascita artistica. “Durante le riprese non ho mai riflettuto consapevolmente sul nostro rapporto – di solito lo fai quando c’è un conflitto. Forse non è un caso che abbiamo raccontato una storia in cui il rapporto tra padre e figlio è così centrale”.
Ronan, dal canto suo, ha raccontato cosa ha significato dirigere un padre che per molti è un monumento vivente del cinema: “Sapevo quanto profondamente si immerge nei ruoli, ma l’avevo sempre visto da lontano. Lavorare insieme in modo così intimo e collaborativo è stata un’esperienza completamente nuova”. Il tema del legame familiare ha spinto Day-Lewis a tornare anche sui ricordi del proprio padre, il poeta Cecil Day-Lewis: “Mio padre era molto distante e assente. Credo che chi perde un genitore in giovane età mantenga per tutta la vita un legame strano con quella figura mancante”.
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