Elio, la Pixar ha imposto la rimozione di tutti i contenuti LGBT
In origine, Elio doveva essere molto diverso da quello che abbiamo visto al cinema.
Una volta, i film Pixar erano sinonimo di visione, coraggio e originalità. Ora, invece, sembrano diventati il campo di battaglia di tensioni interne, tagli ideologici e compromessi editoriali. Il caso più eclatante? Elio. Un film nato con grandi ambizioni, ma finito sul grande schermo come un’ombra sbiadita della sua versione originale. Il risultato? Un clamoroso flop: Elio è diventato il peggior debutto nella storia dello studio d’animazione. Ma il vero disastro non sono gli incassi. È ciò che il film ha perso lungo la strada.
Elio è un film nato con un’identità (che non è sopravvissuta alla produzione)

La Pixar voleva raccontare una storia nuova, personale, con un protagonista queer ma non ridotto a uno stereotipo o a un arco narrativo da “coming out obbligatorio”. Elio, nelle intenzioni del primo regista Adrian Molina (già co-regista di Coco e dichiaratamente gay), avrebbe dovuto parlare di identità, di senso di appartenenza, e anche di moda, creatività e scoperta. Un personaggio tenero, curioso, insolito, che rompeva un po’ i cliché del “ragazzino protagonista”. E invece, col passare delle revisioni e con l’intervento dei piani alti dello studio, Elio è diventato sempre più “neutro”, più maschile secondo uno stereotipo di comodo, più silenzioso, meno autentico. Secondo quanto riportato da The Hollywood Reporter, ogni dettaglio che poteva suggerire qualcosa di “non conforme” – foto nella stanza, passione per la moda, interesse per l’ambiente – è stato sistematicamente eliminato. Il mantello che Elio disegna e indossa è l’unico sopravvissuto a questo smantellamento. Un resto sbiadito, privo di contesto.
Pare che la primissima proiezione test del film abbia avuto una reazione paradossale: il pubblico ha detto di aver apprezzato il film, ma alla domanda “lo andreste a vedere al cinema?”, nessuno ha alzato la mano. Silenzio. Un silenzio che ha messo in allarme Pete Docter, leader creativo della Pixar, che ha subito convocato Molina. Poco dopo, il regista ha abbandonato il progetto, ufficialmente per dedicarsi a Coco 2. In realtà, molti parlano di una frattura insanabile. Sarah Ligatich, assistente al montaggio, è stata chiara: “Mi sono sentita profondamente rattristata e offesa dai cambiamenti. L’esodo di talenti dopo quel taglio era indicativo di quanto molte persone fossero infelici nel dover distruggere il loro splendido lavoro.”
Dopo l’uscita di scena di Molina, la regia è passata prima a Madeline Sharafian (Burrow) e poi, in parte, a Domee Shi (Red). Il film ha continuato a cambiare forma e tono. Persino nel cast: America Ferrera, inizialmente chiamata per doppiare la madre di Elio, ha lasciato il progetto. Due anni dopo, il personaggio è stato riscritto come la zia di Elio, con la voce di Zoe Saldaña. Un’ex artista Pixar, rimasta anonima, ha raccontato che la direzione dello studio sembrava attivamente impegnata a cancellare qualsiasi traccia di identità queer dal film: “Hanno tagliato ogni riferimento alla sessualità di Elio. Improvvisamente, il film non parlava più di nulla.”
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Il risultato: un disastro al botteghino (e d’anima)

Elio è costato tra i 150 e i 200 milioni di dollari. Ne ha incassati 73 in tutto il mondo. Una batosta sonora. Ma più della cifra, pesa la sensazione di aver buttato via una buona idea per inseguire una sicurezza che non esiste. C’è chi ha detto “go woke, go broke” per giustificare certi insuccessi. Ma qui siamo oltre: non c’è stato nemmeno il “woke”, perché ogni spunto potenzialmente “scomodo” è stato spento in partenza. In realtà, il vero fallimento di Elio è quello di non aver osato, di essersi nascosto, annacquato, addolcito fino a diventare irriconoscibile.
Un tempo lo studio era sinonimo di narrazione audace e profonda. Oggi, sembra avere paura di se stesso. E questa paura non premia. In un mondo che ha bisogno di storie vere, autentiche, inclusive, Pixar ha scelto il silenzio. E forse, il vero peccato non è che Elio abbia fallito. Il peccato è che non gli sia mai stato permesso di provarci davvero, con la sua voce. Una voce che avrebbe potuto dire: “Ecco chi sono. Ecco cosa sento. Questa è la mia storia.” Ma quella voce, semplicemente, è stata spenta.