Chiara Francini e il monologo sulla maternità a Sanremo 2023: “penso di essere una donna di merda”

Sanremo 2023 è stato scolpito dai monologhi e dalle donne che sono state ospitate da Amadeus e Morandi sul palco dell'Ariston: forse nessuna ha colpito il pubblico quanto Chiara Francini durante la quarta serata.

Chiara Francini è la co-conduttrice della quarta e penutlima serata di Sanremo 2023: una partecipazione molto diversa da quella portata sul palco dell’Ariston dalle altre conduttrici di questa edizione. La Francini, attrice e performer navigata, è infatti da subio molto più a suo agio con i suoi compagni di viaggio, Amadeus e Morandi, e si sa muovere sul palco dell’Ariston con ironia e abilità tipiche di chi il palco lo conosce bene.

Nonostante la sua presenza vivace e spiritosa, accompagnata da quel suo inconfondibile accento toscano che non tutti comprendono ma che le ha portato sempre molto successo, la Francini è riuscita anche a creare un momento di vera comunicazione con gli spettatori e la società. Come tutte le conduttrici del Festival, infatti, ha avuto l’occasione di poter recitare un lungo monologo su un argomento a sua scelta: la Ferragni aveva scritto una lettera a se stessa da bambina, la Fagnani aveva parlato del carcere minorile, mentre la Egonu aveva approfondito temi come il razzismo. La Francini, invece, decide di spogliarsi completamente di tutto il suo involucro comico e parla di un argomento delicatissimo: la maternità.

Chiara Francini è una donna di merda perché non sa cucinare e non ha avuto figli? Il provocatorio discorso a Sanremo 2023

Il monologo della Francini alla fine della quarta puntata di Sanremo 2023 è un pugno nello stomaco, una provocazione perfetta ad una società che ha ancora pregiudizi pesanti nei confronti delle donne che decidono di non avere figli, o che li avrebbero voluti ma sono semplicemente in ritardo sulla tabella di marcia.

Il monologo di Chiara Francini non vuole trovare una soluzione semplice alla questione, non vuole moralizzare né demoralizzare, è semplicemente una raccolta di pensieri e sensazioni, vuoti e pieni, osservazioni ed emozioni. Per questo, infatti, è un pugno nello stomaco e uno dei momenti più alti di questa edizione. «Arriva un momento della vita in cui è chiaro che sei diventato grande: quando hai un figlio — ha esordito —. Ora, io, Chiara, un figlio non ce l’ho, però credo sia una cosa dopo la quale è chiaro non potrai più essere più giovane come lo eri a sedici anni, col motorino, la discoteca e il liceo. E c’è un momento, nella vita, in cui tutti intorno a te cominciano a figliare. È una valanga. Ma… inizia sempre da una che lo sapevi sarebbe diventata mamma prima di tutte. Nel mio caso, la Lucia. C’è stato un giorno, qualche anno dopo il liceo, che la Lucia mi ha chiesto di vederci. Eravamo sedute al bar della piscina, lei mi guardava tutta emozionata… e a un certo punto, con una faccia che non le avevo mai visto mi fa: “ODDIOOOOO!!! Finalmente posso dirtelo! Sono incinta!”. Incinta. Quando qualcuno ti dice che è incinta e tu non lo sei mai stata, non sai mai che faccia fare».

La Francini continua, dicendo: “Quando qualcuna ti dice che è incinta e tu non lo sei mai stata c’è come qualcosa che ti esplode dentro. Una specie di buco che ti si apre, in mezzo agli organi vitali, una specie di paura, stordimento, e, mentre accade tutto questo, tu devi festeggiare, perché la gente incinta è violenta e vuole solo essere festeggiata. E non c’è spazio per il tuo dolore, per la tua solitudine. Tu devi festeggiare. Come l’albero di Natale che tengo acceso tutto l’anno in salotto, un albero di Natale assolutamente insensato che continua ad accendere le sue lucine, anche a luglio, fuori tempo massimo. Una festa continua senza nessuna natività. E io ho festeggiato. “Ma Lucia, ma è stupendo!” … E poi, non sapere più cosa dire. Ed era solo l’inizio, perché di lì a poco mi sembrava che tutti intorno a me avessero avuto, stessero avendo, avrebbero avuto un figlio. Passeggini, passeggini ovunque. Un esercito di donne coi capelli corti e di maschi stempiati con la panza che spingono passeggini con dentro neonati mostruosi e pieni di amore. E io, io che continuavo a fare le mie cose sempre meglio, con sempre più persone che mi guardavano e mi amavano“. L’emozionante passaggio continua: “E poi. E poi a un certo punto io mi sono accorta che il tempo passava e che se non mi sbrigavo io, forse, un figlio non lo avrei mai avuto. E se anche mi sbrigavo, poi, non era mica detto. Perché anche quando ti decidi che è il momento giusto poi, magari, il corpo ti fa il dito medio e tu, allora, rimani col dubbio di aver aspettato troppo, di essere una fallita. La parte più difficile di fare un figlio è immaginarlo. Immaginarsi come sarà. E se poi non condivido niente di quello che fa nella sua vita? E se viene troppo diverso da me? Nel mio caso di sicuro verrà diverso da me! Ma io vorrei sapere come faccio con te, bambino? Ancora non sei nato e già non ci capiamo. Essere figlio di una madre come me ti causerà solo dei problemi. Se sarai maschio io so e, quasi spero, che sarai gay e t’amerò così tanto. Però forse preferirei non lo fossi, perché sarà più difficile e io vorrei che per te fosse facile. Ti prego vienimi su brillante, con la battuta pronta. Odia, odia, odia ciò che si deve odiare, il male, l’ingiustizia, perché è con quell’odio che si fanno le cose. Non è vero che si fa con l’amore. Sì, con l’amore si fanno delle cose, ma il grosso si fa con quell’odio lì. Profondo, viscerale, instancabile. Ti prego non essere una di quelle creature indifese, troppo buone. Perché poi dovrei cercare di difenderti tutto il tempo. E c’è il rischio che tu venga su meno capace di guardare, di camminare. Io vorrei fare come mia madre che non mi ha mai preso nel suo lettone. Piangerai nel tuo letto. Devo essere abbastanza forte da lasciarti piangere. Non devo essere debole”.

La conclusione, dunque, è una sferzata brillante e toccante: “Ma come parlo…? Ma che mamma sono? Non ancora non sono una mamma… Ma quanto mi è costato diventare come sono? Quanto costerà a te? E in mezzo a tutto questo bisogno di arrivare, in mezzo a tutta questa rabbia, a questo amore, io, ora, non so dove metterti. O, forse, sei proprio tu che non vuoi venire da me, perché credi che io mi sia dimenticata di te, che io mi sia dimenticata della vita. Ma io volevo solo essere brava, io volevo solo essere preparata, io volevo che tu fossi fiero di me. Anche se ancora non ci sei. Forse, perché ci sei sempre stato“.