Blake Lively vs. Justin Baldoni: respinta la causa per diffamazione
Respinta la causa per diffamazione da 400 milioni di dollari di Justin Baldoni contro Blake Lively.
Il giudice federale Lewis J. Liman ha respinto la maxi causa da 400 milioni di dollari intentata dall’attore e regista Justin Baldoni contro Blake Lively, protagonista del film It Ends With Us, e suo marito Ryan Reynolds. Le accuse, che comprendevano diffamazione ed estorsione, sono state giudicate infondate.
La disputa legale nasce da una serie di accuse mosse da Lively, secondo la quale Baldoni avrebbe messo in atto comportamenti molesti e ritorsioni sul set del film, seguito da una presunta campagna diffamatoria orchestrata nei suoi confronti quando l’attrice si è lamentata delle condizioni di lavoro. Baldoni ha reagito presentando una denuncia formale.

Tuttavia, il giudice Liman ha stabilito che le affermazioni di Lively non costituiscono diffamazione, poiché non sussistevano i presupposti legali per definirle false o fatte con dolo. È stata inoltre respinta l’accusa di estorsione: gli avvocati di Baldoni sostenevano che Lively avesse minacciato di non promuovere il film se non le fosse stato garantito un maggiore controllo creativo e migliori condizioni sul set, ma il giudice ha ritenuto non dimostrata l’illiceità di tali richieste. “Come abbiamo detto fin dal primo giorno, questa causa da 400 milioni di dollari era una farsa, e la Corte l’ha capito subito”, hanno dichiarato i legali di Blake Lively al termine dell’udienza.
La decisione include anche una seconda causa intentata da Baldoni, questa volta contro il New York Times, colpevole – secondo l’attore – di averlo diffamato in un’inchiesta pubblicata a dicembre 2024. L’articolo, che raccontava la presunta campagna contro Lively da parte di Baldoni e del suo team, è stato ritenuto giornalisticamente legittimo.

Il giudice ha sottolineato che il quotidiano non ha agito in malafede, ma ha coperto un caso di interesse pubblico, riguardante personaggi noti e il tema della manipolazione attraverso i media e i social. “Siamo grati alla Corte per aver considerato la causa per quello che era: un tentativo infondato di soffocare il giornalismo onesto”, ha commentato un portavoce del New York Times. “I nostri giornalisti hanno trattato la vicenda con attenzione e imparzialità. Questa decisione conferma il valore della protezione legale per l’informazione pubblica.”
Nel ricorso di Baldoni veniva coinvolto anche Ryan Reynolds, accusato di averlo definito un “predatore sessuale”. Tuttavia, il giudice ha ritenuto che l’attore si fosse basato in buona fede sul racconto della moglie, Blake Lively, e non avesse motivo di dubitare della sua versione dei fatti. Stessa valutazione è stata espressa riguardo a Leslie Sloane, addetta stampa di Lively, che aveva rilasciato dichiarazioni al Daily Mail: secondo la Corte, non vi è stato alcun comportamento diffamatorio.
Nonostante le cause per diffamazione e estorsione siano state respinte, il procedimento penale avviato da Blake Lively contro Baldoni per molestie e ritorsioni sul set è tuttora in corso. La prima udienza del processo è prevista per marzo 2026, e rappresenta il nodo centrale di una vicenda che ha messo sotto i riflettori le dinamiche di potere e le condizioni di lavoro nel cinema hollywoodiano.
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