Dom: la storia vera che ha ispirato la serie TV su Amazon Prime

L’incredibile storia del vero Pedro Machado Lomba Neto, il criminale brasiliano dagli occhi di ghiaccio, protagonista assieme al padre Victor della serie Dom disponibile a giugno su Amazon Prime.

Ci sono storie talmente incredibili che una volta trasposte sullo schermo si finisce per chiedersi se sia più sconvolgente la realtà stessa o la sua versione a favor di camera. Un dilemma schiuso su più tesi: per alcuni la vita vera è sempre quella più assurda; secondo altri la colpa è da dare all’immaginazione. Sta di fatto che per film o serie tv basate su vicende realmente accadute è squisitamente questione di equilibri tra i fatti o testimonianze dei diretti interessati e tra la (comprensibile) voglia di piegare quei stessi fatti nella loro versione più cinematograficamente seduttiva, e altrettanto lecitamente autoriale.

Dalla realtà allo script; e poi ancora dal libro alla serie tv

dom cinematographe.it

Quella di Pedro Machado Lomba Neto, ad esempio, è una storia comune quanto inimmaginabile, autentica quanto sbalorditiva, di certo perfetta per essere invertita in un libro e poi una sceneggiatura, e poi ancora in un prodotto seriale (qui la nostra recensione della serie su Amazon Prime). Così ha pensato il regista Breno Silveira quando ha incontrato Victor Lomba, padre di Pedro, talmente colpito dal racconto dell’ex agente della Polizia Federale di Rio de Janeiro da proporre a Tony Bellotto, scrittore e musicista, di farne subito una sceneggiatura. Il manoscritto però rimane nel cassetto fino al 2017, quando Malu Mader, attrice e moglie del chitarrista dei Titãs, lo riporta alla luce mentre riordina le scartoffie del marito, proponendogli poi la riedizione in cartaceo in un libro omonimo alla serie pubblicato lo scorso anno.

Un libro ricco di situazioni che non parevano credibili neanche al revisore editoriale tanta la violenza e l’assurdità letta: eppure, racconta lo stesso Bellotto, erano proprio i fatti più improbabili ad essere quelli più veri, ricostruiti su articoli di giornale e su resoconti degli audaci assalti e delle spettacolari fughe del criminale dagli occhi di ghiaccio. Con il resto del suo clan, Pedro Dom sconvolse il Brasile d’inizio 2000, specializzandosi in rapine di lusso nei loft alto borghesi di Rio, non risparmiandosi, ca va sans dire, spaccio di droga e inaudite torture fisiche e psicologiche sulle sue povere vittime. La reputazione del qui protagonista, trafficante e Playboy al contempo, lo etichetta tutt’oggi come sadico, disumano e impietoso: legava le sue vittime e le rinchiudeva per giorni nelle stanze; arrivava fino ad infilzare coltelli o forchette nel corpo dei seviziati con lo scopo di farsi rivelare il luogo in cui tenevano nascosti gioielli e casseforti.

Dom: chi era il criminale Pedro Machado Lomba Neto

dom cinematographe.it

Un Lupin dai capelli biondi e dallo sguardo penetrante; irreprensibile senza essere gentiluomo, Pedro inizia a sniffare cocaina all’età di nove anni e attorno ai dodici avviano i primi furti per finanziare l’irrefrenabile seppur prodigiosa dipendenza. La madre e il padre, separati e genitori di altre due figlie, le provano tutte: vendono un appartamento per pagare le cure mediche e le tangenti alla polizia per evitargli l’arresto. Ma Dom pare ammaliato dal mondo della criminalità e della droga, entra ed esce dalle cliniche per disintossicarsi non cinque, non dieci, ma ben quattordici volte, fino all’ultimo internamento nel 2001, quando viene ricoverato per sei mesi in un ospedale giudiziario da un giudice, commosso (si dice) della testimonianza sofferta e disperata del padre Victor, il quale decide di fargli scontare la pena per porto illegale di armi nell’ambulatorio del carcere – una volta certificata l’assuefazione chimica del giovane, anzi giovanissimo.

Riemerso da una fuga e da un vuoto d’informazioni fino al 2004, è in quest’anno che Dom diventa ufficialmente il celeberrimo capo della banda di ladri assieme alla storica fidanzata, figlia di un ufficiale dell’aeronautica, incaricata di sfruttare il suo ‘appeal’ (chiamiamolo così) sui portieri dei lussuosi hotel di Rio per far sgattaiolare il resto del gruppo all’intero dell’edificio. Amante della bella vita e dei vestiti griffati, il bello e dannato accumula un patrimonio sempre più alto. Ma alla polizia non riesce a sfuggirgli per sempre e la notte del 14 settembre 2005, tramite intercettazioni telefoniche, gli inquirenti scoprono che Pedro quella stessa sera avrebbe lasciato la comunità di Vila dos Pinheiros, nel Complexo da Maré, e da lì si sarebbe diretto a Rocinha, nella parte sud della città.

Morte nel tunnel e lasciti paterni

dom cinematographe.it

Il tunnel di Rebouças nel sud del Brasile dove è stato arrestato Pedro Machado Lomba nel 2005.

E’ proprio lungo il tunnel di Rebouças, attraversata la prima parte del traforo in motocicletta, che Pedro viene bloccato e poi arrestato da due squadre di polizia, bloccandogli di fatto l’uscita e circondandolo a tutto tondo. In risposta a quell’inaspettato arresto, Pedro lancia agli uomini della polizia una granata, ma dall’esplosione il giovane riesce a dileguarsi nell’edificio in Alexandre Street dove viene successivamente colpito da un proiettile a soli venticinque anni durante uno scontro a fuoco, perdendo la vita e lasciando orfano di padre un bambino di cinque mesi.

Suo padre Victor, che ha praticamente dedicato la vita alla lotta alla droga dentro e fuori casa, oggi, è tormentato dai sensi di colpa per non aver salvato il figlio dalla dipendenza e dalla criminalità. Ma nonostante la storia senza il lieto fine, Lomba porta la sua testimonianza da genitore e da ex poliziotto nelle scuole del paese, cercando di far emergere dalla sua storia l’ambiguità del male e del bene e ricordando sempre, orgogliosamente e paradossalmente, che nonostante tutto suo figlio (“il miglior rapinatore di tutti”) infondo, non ha mai ucciso nessuno.