28 anni dopo: 5 curiosità sul film di Danny Boyle
Dal ritorno di Cillian Murphy ai segreti del virus Rage: le curiosità su 28 anni dopo
Dopo 28 giorni dopo (2002) e 28 settimane dopo (2007), il 2025 segna il ritorno di uno dei franchise più iconici e spietati del cinema post-apocalittico. 28 anni dopo, diretto da Danny Boyle e scritto da Alex Garland, promette di riportare in auge il terrore realistico del virus Rage. Ma cosa si nasconde dietro questo nuovo capitolo? Ecco 5 curiosità che ogni fan dovrebbe conoscere.
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1. L’inizio di una nuova trilogia con 28 anni dopo

Molti pensavano che 28 anni dopo sarebbe stato un capitolo conclusivo. Invece no: Danny Boyle ha confermato che si tratta del primo film di una nuova trilogia, con i titoli 28 anni dopo: the bone temple e un terzo episodio ancora avvolto nel mistero. Questa volta, la narrazione non si limita alla sopravvivenza: ci troviamo in un mondo dove l’apocalisse è diventata normalità. Un futuro in cui il virus Rage non è più emergenza, ma condizione esistenziale. Infatti, si tratta del primo di tre capitoli già pianificati, seguiti da 28 anni dopo: the bone temple (già in lavorazione) e un terzo film conclusivo ancora senza titolo ufficiale.
2. Cillian Murphy torna, ma…

L’iconico Jim di 28 giorni dopo, interpretato da Cillian Murphy, torna nel franchise, ma non come protagonista. L’attore è coinvolto come produttore esecutivo, ma nel successivo capitolo (The bone temple) la sua presenza, forse per un cameo, è stata preannunciata dal produttore Andrew Macdonald. Mentre il regista Danny Boyle ha fatto intendere ad una possibile presenza, più corposa, per l’attore nel capitolo che chiuderà le vicende.
3. Il virus Rage è cambiato
A differenza dei classici film sugli zombie, la saga iniziata con 28 giorni dopo si è sempre distinta per il suo approccio realistico: il Rage è un virus neurologico, trasmesso per via ematica, che annulla l’empatia e scatena una rabbia primitiva. Nel nuovo film, il Rage ha subìto mutazioni: è più resistente, ha tempi di incubazione variabili e potrebbe persino alterare il comportamento sociale degli infetti, spingendoli a formare orde, nidi o gruppi cooperativi.
4. Garland e Boyle tornano insieme dopo quasi 20 anni
La collaborazione tra Alex Garland e Danny Boyle, già collaboratori per 28 giorni dopo, si era interrotta dopo Sunshine (2007). Dopo divergenze creative e una lunga pausa, questa trilogia ha segnato la loro riconciliazione artistica. Garland ha affermato che Boyle è l’unico in grado di “filmare la violenza come fosse una danza disperata”. Boyle, dal canto suo, ha detto che Garland è “l’unico scrittore che lo spinga a rischiare davvero”.
5. Stile visivo: ritorna la camera digitale a mano
Boyle ha deciso di riprendere con camere digitali portatili, proprio come nel primo film del 2002, per dare al film un’estetica documentaristica, grezza, instabile. Alcune scene sono state girate da veri cameraman embedded nei gruppi di attori, per rendere più caotico e realistico l’effetto “fuga”. Inoltre, le sequenze notturne sono state girate in low-light nativo, senza illuminazione artificiale, usando solo torce, fuochi e bagliori ambientali.
28 anni dopo non è solo il ritorno di un cult. È la rinascita di un incubo etico e visivo, che trasforma il survival horror in riflessione politica, sociologica e persino filosofica. Con una nuova trilogia alle porte, l’infezione non è mai stata così viva.