All Her Fault: recensione della serie TV Sky
La serie Sky con Sarah Snook indaga colpa, giudizio e maternità attraverso un thriller ad alta tensione
“Chi ha peccato scagli la prima pietra”, dal Vangelo secondo Giovanni. Per parlare di All Her Fault possiamo partire anche da uno dei versi più celebri di sempre. Nessuno ha il diritto di giudicare gli altri, perché tutti possono essere peccatori. E aggiungiamo: non tutti lo sono davvero. Nella serie Sky in otto episodi, disponibile dal 23 novembre su piattaforma e in streaming su NOW, si indugia sui sensi di colpa, sugli scheletri nell’armadio che ognuno di noi possiede. All Her Fault mette al centro della storia una madre e la ricerca del proprio figlio scomparso. Un dramma, una perdita, un vuoto impossibile da colmare che porta alla luce un turbinio di non detti, bugie, omissioni e verità distorte.
Protagonista della serie è la bravissima Sarah Snook, già avvezza a prodotti di grande successo — Black Mirror e Succession su tutti. Nel cast anche Dakota Fanning (The Watcher, Ripley) e Jake Lacy (The White Lotus). Nel team creativo: la scrittrice Andrea Mara, la creatrice Megan Gallagher (Wolf, Suspicion), la regista Minkie Spiro (Il problema dei 3 corpi, Downton Abbey) e la stessa Snook come produttrice.

Un thriller con al centro la genitorialità

Partiamo dalla storia. Marissa Irvine (Sarah Snook) va a prendere suo figlio Milo dopo un pomeriggio di gioco con un compagno della nuova scuola. Ma la donna che apre la porta non è una madre che lei conosce. Non è la tata. E soprattutto non ha Milo con sé. In quel momento Marissa realizza che suo figlio è scomparso. Da lì prende il via una ricerca disperata: si tenta in tutti i modi di comporre le tessere di un puzzle incompleto. La serie, a differenza dell’ambientazione del romanzo di Andrea Mara, sposta la storia dall’Irlanda agli ambienti alto-borghesi di Chicago. Le famiglie coinvolte sono tutte benestanti: ville con piscina, tate, servitù. Un contesto sociale ben preciso.
Presto ci rendiamo conto che dietro la scomparsa di Milo c’è qualcosa che non torna: la comunità si nasconde dietro inganni, silenzi, un perbenismo diffuso (a partire dai genitori degli altri bambini) che permea l’atmosfera di freddezza e scarsa empatia. Marissa si ritrova — insieme alla sua famiglia, composta dal marito e dai fratelli di lui, verso i quali si percepisce da subito un attrito sotterraneo — a lottare non solo contro i presunti rapitori, ma soprattutto contro la morbosità mediatica. La stampa tenta in tutti i modi di screditare la ricca famiglia, scavando nelle pieghe della loro esistenza ed erigendosi a giudice della vita altrui. E così il rapimento diventa un pretesto per raccontare ben altro: una società in cui tutti sembrano colpevoli. Nessuno escluso. La verità è una chimera, inseguirla un’utopia bizzarra.
Un MacGuffin nella Chicago benestante

Quasi come se il piccolo Milo non fosse altro che un MacGuffin di hitchcockiana memoria, un pretesto per scandagliare un terreno viscoso — quello della Chicago benestante — in cui si celano segreti inconfessabili, rapporti fasulli, matrimoni di facciata. Un iceberg sommerso nel quale è meglio non tuffarsi. Meglio rimanere a galla, sulla superficie, dove tutto sembra perfetto e immacolato. E poi ci sono gli sguardi: quelli della gente, della polizia, dei familiari. Tutti puntati su di lei, Marissa, la madre che “non è stata attenta”. Che “non ha controllato il numero della tata”. Una madre considerata troppo poco amorevole, nel senso classico del termine.
Ma esiste davvero un modo corretto per essere madre? O forse è solo ciò che ci viene imposto da una certa società? Marissa ama suo figlio, ma per alcuni genitori il suo modo poco sentimentale viene scambiato per disattenzione e negligenza. Accuse infondate che alimentano un clima calunnioso e malato.
All Her Fault: valutazione e conclusione
All Her Fault, almeno nei primi quattro episodi disponibili in anteprima, si conferma un thriller compatto, teso, costruito con intelligenza attorno al tema della maternità e del giudizio sociale. Il ritmo è misurato ma costante, e la serie riesce a tenere alta la tensione senza indulgere in colpi di scena gratuiti. Il cast — con una Sarah Snook magnetica e una Dakota Fanning sorprendentemente intensa — dà vita a un mosaico di personaggi ambigui, fragili, umani. L’atmosfera, sospesa tra dramma psicologico e noir suburbano, promette sviluppi ancora più inquietanti.
La recensione riguarda solo i primi quattro episodi, ma ciò che si intravede finora funziona eccome: All Her Fault sembra avere tutte le carte in regola per diventare un thriller di riferimento nella stagione televisiva.