Lo Schiaffo: recensione del film diretto da Frédéric Hambalek

È tutto un respiro cinematografico. Quel colpo permane, fragile e potente, come una fiaba che oscilla tra tenebra e luce, un gesto minuscolo che alza l’attenzione oltre gli accenti estetici e narrativi di un film aggressivamente delicato. Al cinema dal 27 novembre 2025, distribuito da Lucky Red.

Ne Lo Schiaffo diretto da Frédéric Hambalek c’era un gesto, breve e improvviso, che frantumava la quiete della casa senza fare rumore. Un piccolo colpo, eppure capace di aprire un varco invisibile tra le stanze e i pensieri, come se l’universo si fosse improvvisamente inclinato, rivelando crepe che prima nessuno osava osservare. Forse violenza? Un segnale, un battito, una scintilla che trasformava ogni gesto, ogni sguardo, in possibile rivelazione, un’eco sottile delle atmosfere di Proust; qui, il minimo dettaglio conduce a intimità inesplorate.

Lo schiaffo: i nascondigli dell’incanto cinematografico

Lo Schiaffo;
Cinematographe.it

La rivelazione: Marielle, al centro di questo silenzioso terremoto, era una bambina di undici anni che percepiva tutto senza sforzo, come se gli oggetti e le ombre le parlassero in una lingua segreta. E questo perché sfiorata -forse- dalla violenza? La sua telepatia non era magia, ma una forma di attenzione assoluta; un ascolto così puro da rendere visibile la verità nascosta nei gesti più minuti. In lei c’era la precisione dei bambini di Erice, la delicatezza sospesa dei protagonisti di Weerasethakul, ma anche la sensibilità profonda di Virginia Woolf nelle sue narrazioni interiori, intime, infantili: la capacità di osservare senza interpretare, di sentire senza trasformare, di attraversare l’anima delle persone come se fosse un bosco misterioso, pieno di radici intrecciate ma trasparenti sotto i filtri di luce.

La casa reagiva. I corridoi si allungavano e piegavano come nelle geometrie liquide di Antonioni, le stanze trattenevano il respiro, e ogni oggetto – una sedia, una tenda, un vaso – sembrava custodire segreti che non potevano essere pronunciati, reminiscenze di atmosfere kafkiane, dove l’inafferrabile e il non detto costruiscono un’architettura della tensione invisibile. È lo sguardo (di Marielle) trasformava il silenzio in lente, i gesti impercettibili in malinconiche melodie, il respiro dei corpi in racconto. Il quotidiano si piegava tra fiaba e realtà, un incanto che ricordava le narrazioni di Gabriel García Márquez, dove il minimo gesto si tingeva di mito. I genitori, catturati dalla lente di Marielle, apparivano come creature in bilico tra controllo e fragilità, simili a figure dei Dardenne o a presenze rarefatte di Sciamma. Ognuno dei loro movimenti, ogni esitazione, ogni parola non detta diventava campo emotivo da decifrare, evocando la sottile analisi dei rapporti umani di Anton Čechov. Non c’era dramma plateale, non c’era esplosione: tutto si consumava in sottili variazioni di tono, sospensioni e piccoli disallineamenti che svelavano la verità senza proclamarla.

Lo Schiaffo: valutazione e conclusione

Lo Schiaffo;
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Hambalek ha diretto Lo Schiaffo con molta delicatezza!

Alla fine, tutto si congela; tutto è un respiro cinematografico. Quel colpo permane, fragile e potente, come una fiaba che oscilla tra tenebra e luce, un gesto minuscolo che alza l’attenzione sui tratti narrativi più nascosti. In esso risuona l’eco profonda della poesia di Rainer Maria Rilke, dove il silenzio diventa voce più eloquente di un’intonazione qualsiasi. È un cinema che trasforma il quotidiano in lirica, il silenzio in melodia, il gesto in enigma. Un racconto che avvolge senza spiegare, che sussurra anziché gridare, capace di rendere universale il frammento più piccolo, e di mutare la vita in un incanto visivo e sensoriale.

No. Lo Schiaffo diretto da Hambalek è – al presente – una violenza subita, agitazione animalesca, infida e disumana nelle allitterazioni sensibili di una fanciulla. Sono due occhi neri talmente profondi da non accorgersi di quanto ci abbia fatto male la reazione improvvisa e veloce. Il colpo è stato un colpo eppure è sembrato un soffio, un fastidio, un fascio di luce, una mano trasparente che ci ha segnato, ammazzato, che ha stonato, che ha diretto curiosità in verticali e fin troppo laboriose per ciò che dovrebbe essere: amore.

Presentato alla Berlinale, Lo Schiaffo diretto da Frédéric Hambalek è un film ipnotico oltre gli accenti estetici cinematografici.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 2.5
Recitazione - 3
Sonoro - 2.5
Emozione - 3

2.8