Now You See Me 3: Now You Don’t – recensione del film
Con L'illusione perfetta - Now You See Me: Now You Don't, i maghi del crimine tornano al cinema con una nuova appassionante avventura. Ecco la recensione del nuovo capitolo della saga
C’è sempre qualcosa di perversamente teatrale nel guardare un film che parla di illusionisti: la sala diventa sala di spettacolo, lo schermo si trasmuta in palcoscenico e lo spettatore, per un tempo limitato, accetta di farsi ingannare. Dopo quasi un decennio d’attesa, il terzo capitolo della saga dei Four Horsemen, Now You See Me: Now You Don’t, è finalmente arrivato nelle sale italiane il 13 novembre 2025. Un film che ha di certo fatto schizzare alle stelle le aspettative dei fan dopo i primi trailer, visto quasi come una riunione di famiglia in cui i volti noti della saga cercano di fare i conti con le nuove leve e le proprie contraddizioni. Diretto da Ruben Fleischer, il film tenta l’equilibrio tra il piacere del colpo di scena e la necessità di aggiornare il franchise per un pubblico che, dieci anni dopo il secondo episodio, ha voglia di novità ma anche di quel rassicurante trucco che caratterizza la saga. Cosa succede dunque quando i nostri protagonisti del cuore J. Daniel Atlas (Jesse Eisenberg), Merritt McKinney (Woody Harrelson), Jack Wilder (Dave Franco) e Henley Reeves (Isla Fisher), si uniscono alla nuova generazione di illusionisti Bosco (Dominic Sessa), Charlie (Justice Smith) e June (Ariana Greenblat) in una nuova appassionante avventura? Ecco la nostra recensione di Now You See Me 3.
Now You See Me 3, un inizio che ricuce vecchio e nuovo

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La trama, nelle sue linee principali, è un esercizio di riannodamento: la prima scena si apre su una nuova generazione di prestigiatori che, grazie ad un gioco di deepfake e ologrammi, mette in scena un finto spettacolo dei Quattro Cavalieri, per compiere un colpo dimostrativo contro un magnate di criptovalute. L’ingresso di J. Daniel Atlas ricompone le fila: la squadra storica si ritrova a unire le forze ai giovani per un furto in piena luce, il famigerato Cuore, un diamante dalle dimensioni e dalla valenza simbolica impressionanti. Da lì parte una catena di inganni che sfocia in una serie di stanze puzzolenti di trucchi perfetti, doppi giochi e inaspettate rivelazioni familiari. Questa struttura mette il film in bilico tra l’orgia dei set-piece — con camere rovesciate, scale che mentono, corridoi rotanti — e un desiderio più profondo di dare senso morale alle azioni dei maghi. Il grande pregio del film sta nella sua capacità di far sembrare naturale l’incontro tra chi ha già fatto la storia della saga e chi arriva per rinnovarla. Gli attori storici, li senti nella loro familiarità, nelle loro battute, nella meccanica dei loro scambi, sono la colonna vertebrale del film. Attorno a loro, gli interpreti più giovani danno ossigeno, nervo e una nuova grammatica fisica: movimenti rapidi, gestualità da social, una fisicità pensata per il primo piano e lo smartphone.
La regia di Now You See Me 3, un piccolo fiore all’occhiello

La regia di Now You See Me 3 si muove come un prestigiatore di strada che conosce perfettamente il pubblico a cui sta parlando: veloce, scattante, sempre un passo avanti allo sguardo dello spettatore. Ruben Fleischer (già autore del frenetico Zombieland) porta anche qui la sua cifra stilistica, nella sua abilità nel montaggio e nell’invenzione visiva. Il regista opta per un linguaggio visivo dinamico, fatto di zoom secchi e transizioni che sembrano piccoli colpi di magia cinematografica. La macchina da presa scivola tra i personaggi con una fluidità quasi coreografica, trasformando ogni trucco in un micro-spettacolo autonomo. Al tempo stesso, però, si avverte il desiderio di tenere un piede nella tradizione del franchise: la regia ripropone quella mescolanza di practical magic ed effetti digitali che ha definito l’identità della saga, cercando un equilibrio fra l’artificio visibile e l’illusione perfetta. Il risultato è un’estetica che vive di ritmo e brillantezza, pensata per catturare l’attenzione in ogni secondo, sacrificando a volte la profondità del quadro, ma senza mai rinunciare all’euforia del trucco rivelato (o quasi). Now You See Me 3, è un film che sa quando accelerare e quando lasciarsi andare a un momento più lento, quasi teatrale, cioè quando concede ai personaggi il tempo di guardarsi negli occhi e, con un sorriso, spiegare cosa significhi essere maghi in un’epoca digitale. Questo alternarsi di velocità è la cifra che tiene insieme il flusso della narrazione, anche se a volte il desiderio di stupire sovrasta la necessità di scavare più a fondo nei perché.
Un capitolo costruito per la Gen Z? La strategia e i rischi di Now You See Me 3

Il terzo capitolo della saga sui maghi del crimine è esplicitamente progettato per parlare alla Gen Z e lo fa attraverso alcuni ingredienti chiave: il primo è un linguaggio visivo social, con montaggi rapidi, inquadrature che funzionano su uno schermo di una sala quanto su uno smartphone, un film pensato per essere visto e postato. Il secondo ingrediente è l’aggiornamento riguardo i temi sulla tecnologia e la manipolazione dell’immagine, elementi che parlano a chi sta crescendo nello scorrere continuo dei feed e nell’era del deepfake. Tutto questo funziona nel creare un potente ponte generazionale: i giovani trovano punti d’identificazione nelle nuove tecnologie, nel ritmo, mentre i veterani ritrovano la familiarità del grande trucco di magia. Tuttavia, questo compromesso non è innocuo. Il film sembra pensare talvolta troppo alla “condivisione”, perdendo quella scintilla di meraviglia spontanea che solo un trucco ben fatto sa generare. Alcune trovate, per quanto lucide, suonano progettate a tavolino per la viralità, togliendo spazio al puro brivido cinematografico.
Now You See Me 3: valutazione e conclusione

In definitiva, Now You See Me: Now You Don’t è un divertissement elegante e furbo, un film che non rivoluziona la saga ma la rimette in moto con mestiere e un occhio attentissimo al pubblico contemporaneo. Funziona quando si abbandona al puro spettacolo e quando lascia che il cast giochi con leggerezza dentro un meccanismo ormai collaudato. Convince meno invece quando preferisce l’effetto immediato alla costruzione emotiva. Rimane tuttavia un heist-movie piacevole, scintillante e capace di regalare quel senso di “illusione ben riuscita” che, in fondo, è tutto ciò che gli si chiede. Imperfetto, ma irresistibilmente godibile.
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