10 film sottovalutati degli anni ’90 che meritano una riscoperta
Dietro i grandi classici degli anni ’90 si nasconde un cinema poco celebrato, audace e visionario.
Gli anni ’90 hanno segnato una delle stagioni più fertili del cinema mondiale. È il decennio che ha consacrato autori come Tarantino, Fincher, Kitano, i fratelli Coen e Wong Kar-wai, ma anche quello che ha lasciato indietro opere radicali, troppo complesse o semplicemente fuori tempo. Eppure, rivederle oggi è come scoprire un lato alternativo di quel decennio. Ecco dieci film sottovalutati degli anni ’90 che meritano una nuova visione.
1. Riflessi sulla pelle (1990)

Ambientato tra i campi di grano del Midwest anni ’50, questo film è un incubo travestito da racconto d’infanzia. Un bambino crede che la vicina sia un vampiro, ma il vero orrore nasce dal silenzio e dalla repressione. Riflessi sulla pelle combina la fotografia abbagliante con una sensibilità da fiaba nera, in cui la bellezza e la morte convivono. Philip Ridley firma un’opera disturbante e poetica, ignorata alla sua uscita ma oggi venerata come un classico segreto del cinema gotico moderno. Indubbiamente uno dei film sottovalutati e poco ricordati del suo decennio, ma meritevole di una nuova considerazione.
2. Slacker (1994)
Girato con mezzi minimi e idee infinite, Slacker segue una giornata nella vita di giovani disillusi ad Austin, Texas. Nessuna trama, solo conversazioni, sogni, teorie del complotto e alienazione quotidiana. Richard Linklater alfiere del cinema indipendente, qui regala un saggio del suo talento, con un film a suo modo innovativo. Ogni volta che un personaggio lascia la scena, la macchina da presa ne segue un altro, con un passaggio fluido, quasi invisibile, che crea una sorta di “flusso urbano di coscienza”. Pur essendo tra i meno noti e celebrati film del suo regista, è un film da riscoprire.
3. Creature del cielo (1994)

Prima di conquistare Hollywood, Peter Jackson raccontò la storia vera di due adolescenti unite da un legame ossessivo e mortale. Creature del cielo è un film di travolgente intensità, dove realtà e immaginazione si fondono in una spirale allucinata, con lampi onirici e barocchi. Una giovane Kate Winslet e Melanie Lynskey danno vita a una tragedia psicologica di rara sensibilità e ispirazione visiva, attraverso la storia di due amiche per la pelle nella Nuova Zelanda degli anni ’50 che sfocerà in un terribile crimine.
4. Safe (1995)
Julianne Moore interpreta una casalinga che sviluppa misteriose allergie ambientali. Safe è un ritratto glaciale e inquietante dell’alienazione moderna, tra ansia ecologica e isolamento emotivo. Todd Haynes filma un’America tossica, dove il corpo diventa un campo di battaglia invisibile. All’epoca ignorato, oggi è considerato uno dei film più interessanti del suo regista, ma ancora appartenente ad una schiera di film sottovalutati o, comunque, poco ricordati da una fetta di pubblico e appassionati.
5. Fuga dalla scuola media (1995)

Uno degli autori più sarcastici e spietati del cinema indipendente americano, Todd Solondz cuce un dramedy sull’inferno e l’ingenuità dell’infanzia. La protagonista, Dawn Wiener, è una ragazzina goffa e solitaria in un mondo ostile. Fuga dalla scuola media è una commedia nera che mescola disagio e compassione, diventando un ritratto universale della diversità. Un piccolo cult del cinema indipendente americano. Un po’ come molta filmografia del suo autore, rientra tra i film sottovalutati che andrebbero riscoperti in pompa magna.
6. Dead man (1995)

Un western in bianco e nero dove Johnny Depp vaga verso la morte accompagnato dal suono ipnotico della chitarra di Neil Young. Dead Man è una ballata funebre e poetica, un viaggio verso l’aldilà e una riflessione sul destino. Jarmusch decostruisce il mito del West e lo trasforma in una parabola metafisica sulla solitudine, sull’identità e sulla fine dell’innocenza americana.
La sua messa in scena rarefatta, fatta di silenzi, dialoghi enigmatici e paesaggi spettrali, trasforma il viaggio di William Blake in un’esperienza quasi mistica. Rifiutato dai grandi circuiti, col tempo è diventato un piccolo Cult del cinema indipendente, una meditazione sulla morte che brucia di vita, più che un film sottovalutato si tratta di un’opera che ancora non ha trovato la giusta luce universale.
7. The butcher boy (1997)
Un’infanzia segnata dalla violenza e dalla follia, raccontata con toni grotteschi e visionari. The Butcher Boy alterna humour nero e tragedia, costruendo un ritratto struggente della perdita dell’innocenza. Neil Jordan dirige un film audace e sottilmente disturbante, che ancora oggi conserva la sua forza dirompente, ma che non ha mai figurato tra i titoli più celebri della filmografia del regista irlandese.
8. Buffalo ’66 (1998)

Un uomo appena uscito di prigione rapisce una ballerina per farsi accompagnare dai genitori fingendo che sia la sua fidanzata. Da questo spunto grottesco nasce Buffalo ’66, il debutto registico di Vincent Gallo, attore, musicista e artista poliedrico e spesso controverso, dentro e fuori dal set. Il film è un piccolo gioiello di malinconia ed una love story anticonvenzionale, girato in un 35mm desaturato che restituisce il gelo e la tristezza dell’America suburbana. Accolto tiepidamente dalla critica al tempo, è oggi riconosciuto come una delle opere più originali del cinema indipendente americano degli anni ’90.
10. Julien donkey-boy (1999)

Secondo film di Harmony Korine, rimasto all’ombra del suo più apprezzato e folgorante esordio, Gummo (1997), è un esperimento radicale ispirato ai dettami del Dogma 95, ma piegato a un’estetica sporca e personale. Girato in 16mm con camera a mano, filtri ottici e audio distorto, racconta la storia di Julien, un giovane schizofrenico (interpretato da Ewen Bremmer, noto ai più per Trainspotting) che vive con una famiglia disfunzionale tra amore, violenza e delirio, con un padre despota, impersonato da un indimenticabile Werner Herzog.
Accolto con incomprensione e fastidio alla sua uscita, è invece un film di sconvolgente umanità che merita grande riscoperta.
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