A House of Dynamite, regista risponde alle accuse del Pentagono

Kathryn Bigelow è finita nel mirino del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti

Kathryn Bigelow non cede. Dopo l’uscita su Netflix del suo nuovo film A House of Dynamite, la regista premio Oscar è finita nel mirino del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, che avrebbe inviato un promemoria interno per segnalare “imprecisioni” nella rappresentazione del sistema di difesa missilistica nazionale.

Nel film, ambientato nei 18 minuti successivi al lancio di un missile nucleare contro gli Stati Uniti, la regista suggerisce che l’efficacia del sistema d’intercettazione sia tutt’altro che infallibile – solo un 50% di possibilità di successo, a fronte di un investimento da 50 miliardi di dollari. Una percentuale che il Pentagono ha prontamente smentito, sostenendo tramite la Missile Defense Agency (MDA) che “gli intercettori hanno mostrato un tasso di precisione del 100% nei test per oltre un decennio”.

Kathryn Bigelow risponde al Pentagono: “Il cinema deve poter aprire un dialogo, anche sul nucleare”

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Intervistata da The Hollywood Reporter, la Bigelow ha commentato così la vicenda: “È interessante. In un mondo perfetto, la cultura ha il potenziale di orientare le politiche. Se questo film apre un dialogo sulla proliferazione delle armi nucleari, per me è musica per le orecchie.” Il co-sceneggiatore Noah Oppenheim ha aggiunto che la polemica non riguarda “un dibattito tra registi e Pentagono”, ma una questione più ampia che coinvolge esperti, fisici e analisti che da anni discutono sull’affidabilità del sistema di difesa americano.

Bigelow, già regista di The Hurt Locker e Zero Dark Thirty, ha spiegato di aver scelto di non collaborare ufficialmente con il Pentagono per preservare la libertà creativa del progetto: “Dovevamo essere indipendenti. Detto questo, avevamo consulenti tecnici che avevano lavorato al Pentagono: erano sul set ogni giorno.” Rivendicando ancora una volta il suo cinema di frontiera, sospeso tra realtà e finzione, Bigelow ha concluso: “Io affermo la verità. A House of Dynamite è un’opera di finzione, ma fondata sul realismo. Volevo che il pubblico entrasse nel cuore di STRATCOM, un luogo inaccessibile, e lo vedesse con occhi sinceri. Il mio obiettivo è sempre stato l’autenticità, e credo che l’abbiamo raggiunta.”

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