Festa del Cinema di Roma, la protesta del settore contro i tagli: “Non siamo privilegiati, siamo lavoratori”
Venerdì 24 ottobre, alla 20ª Festa del Cinema di Roma, le associazioni rappresentanti autori e interpreti si sono ritrovate sul red carpet per leggere una dichiarazione ufficiale a nome di tutte le categorie di lavoratori del comparto in merito al taglio del Fondo cinema e audiovisivo.
Quest’anno la 20ª Festa del Cinema di Roma si è trasformata in un palcoscenico di protesta. Attori, registi, sceneggiatori, tecnici e maestranze di ogni categoria venerdì 24 ottobre, davanti all’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone, si sono riuniti per dire no ai tagli al Fondo Cinema e Audiovisivo, annunciati dal governo.
A dare voce al malcontento, una giovane attrice del direttivo di UNITA, che ha letto una dichiarazione ufficiale a nome di tutte le associazioni del comparto. Parole chiare, forti, cariche di dignità: “Ci hanno chiamato privilegiati, ladri, parassiti. Ma siamo solo lavoratori. Il cinema è un mestiere, fatto da professionisti che del proprio lavoro vivono, che con il proprio lavoro mantengono le famiglie.”

Dietro i volti noti che sfilano ai festival, infatti, c’è un intero mondo composto da oltre 124 mila persone: autori, produttori, maestranze, tecnici, tutti parte di quella che nel comunicato è stata definita “la base del gigantesco iceberg che tiene a galla il settore”. Una comunità che oggi teme di essere ignorata dalle istituzioni e che rivendica un dialogo stabile con il Ministero della Cultura.
“Da due anni chiediamo di essere riconosciuti come interlocutori stabili, di avere un tavolo permanente per ridefinire regole eque e trasparenti. L’unica risposta è stata una prospettiva di tagli ingenti: 146 milioni in meno secondo l’ultima finanziaria, con una riduzione del 21% nel 2026 e ulteriori tagli previsti per il 2027.”
Il tono della protesta non è solo difensivo, ma anche propositivo: nessuno nega la necessità di gestire meglio le risorse, ma, si legge nel documento, quei fondi non sono un lusso, bensì un investimento culturale.
“I soldi si possono usare meglio, certo, e chiediamo verifiche approfondite. Ma quei fondi non sono un regalo: provengono in buona parte dalle imposte delle stesse aziende del settore. Servono a nutrire la vita culturale del Paese e a garantire la pluralità del cinema italiano, che oggi è vivo, libero, esportato nel mondo.”
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