Il Mostro: la storia vera di Pietro Pacciani, il serial killer protagonista della serie Netflix

Il Mostro, la nuova serie Netflix diretta da Stefano Sollima, quel silenzio torna a farsi eco: la fiction riapre una delle ferite più profonde della cronaca italiana.

C’è un silenzio che pesa nelle campagne fiorentine, un silenzio denso come la nebbia che si alza dai campi all’alba. Con Il Mostro, la nuova serie Netflix diretta da Stefano Sollima, quel silenzio torna a farsi eco: la fiction riapre una delle ferite più profonde della cronaca italiana, riportando alla luce la vicenda del Mostro di Firenze, l’assassino seriale che tra il 1968 e il 1985 terrorizzò la Toscana. E inevitabilmente, nel cuore di quella storia, riaffiora un nome: Pietro Pacciani, l’uomo che divenne, suo malgrado, il volto del male.

Il contadino che divenne il “mostro”

Il Mostro storia Pacciani - cinematographe.it

Pietro Pacciani nasce nel 1925 a Mercatale Val di Pesa. È un contadino rude, analfabeta, figlio di una terra che conosce la fatica e la solitudine. Nel 1951 uccide l’amante della fidanzata in un delitto passionale: tredici anni di carcere che lo marchiano per sempre. Quando torna libero, la sua vita sembra riprendere una parvenza di normalità — un lavoro nei campi, una famiglia, la calma apparente della provincia. Ma quella quiete è solo un miraggio. Nel 1991 il suo nome esplode sui giornali: la Procura di Firenze lo accusa di essere il Mostro di Firenze.

Quel soprannome racchiude quasi vent’anni di orrore: otto duplici omicidi di coppie appartate, sempre con la stessa arma, una Beretta calibro .22. La modalità è rituale, la ferocia inspiegabile. Gli inquirenti trovano un filo rosso nei delitti, e quando le indagini conducono a Pacciani, l’opinione pubblica trova in lui il colpevole perfetto: il contadino rozzo, l’uomo semplice, il simbolo del male nascosto dietro la normalità.

Il processo e il mito mediatico, la serie Il Mostro si ferma a Pacciani

Pietro Pacciani durante il processo sul caso del cosiddetto “Mostro di Firenze”

Nel 1994, dopo un processo seguito da tutta Italia, Pietro Pacciani viene condannato all’ergastolo. I titoli dei quotidiani lo dipingono come “il contadino diabolico”, e la sua immagine — il volto scavato, lo sguardo torvo, il cappello di paglia — diventa il ritratto di un’Italia che scopre di avere un mostro in casa. Ma due anni dopo, la Corte d’Appello ribalta la sentenza: Pacciani è assolto per insufficienza di prove. La Cassazione annulla l’assoluzione e ordina un nuovo processo, che però non avverrà mai. Nel febbraio del 1998, Pacciani viene trovato morto nella sua abitazione. Fine della storia, almeno in apparenza.

Da allora, la sua figura è rimasta sospesa tra colpevolezza e persecuzione. Era davvero lui il Mostro? O solo il capro espiatorio di una giustizia affamata di verità? Accanto a lui, i cosiddetti “compagni di merende” — Mario Vanni e Giancarlo Lotti — amplificano l’enigma. I processi, le contraddizioni, le confessioni ritrattate: tutto contribuisce a trasformare la vicenda in un labirinto dove la verità sembra dissolversi a ogni passo.

La serie Netflix e il ritorno dell’incubo

Con Il Mostro, Netflix non offre una semplice ricostruzione dei fatti: esplora il lato umano, sociale e psicologico di una tragedia che ha segnato un’epoca. Stefano Sollima sceglie di partire da lontano — dalla pista sarda, dai primi omicidi del 1968 — per raccontare un’indagine che si perde tra ossessioni e fallimenti. Pacciani compare come figura-ombra: il sospettato per eccellenza, ma anche la proiezione collettiva di una paura più grande. È l’uomo comune trasformato in simbolo del male.

L’estetica della serie è asciutta, realistica, quasi documentaristica: campagne toscane immerse nella notte, fari che tagliano la nebbia, voci sommesse che si confondono con il fruscio degli alberi. Ogni episodio è una discesa nell’oscurità, non tanto per cercare un colpevole, quanto per capire come nasce l’orrore. Non c’è una risposta, perché Il Mostro non la cerca: preferisce lasciare lo spettatore sospeso, intrappolato nel dubbio, come lo fu l’Italia di allora.

Il volto del mistero

Oggi, Pietro Pacciani rimane un’ombra nella memoria collettiva. È il sospettato, il colpevole mancato, l’uomo di cui nessuno saprà mai davvero la verità. Il suo volto non è più solo quello di un possibile assassino, ma di un simbolo: la paura che il male possa nascondersi nell’ordinario, nelle pieghe più silenziose della quotidianità.

Con Il Mostro, Netflix riaccende quella paura, riportando alla luce un caso che non appartiene solo alla cronaca, ma alla psiche di un intero Paese. È la storia di un’Italia che guarda il proprio riflesso e si domanda, ancora una volta: chi è davvero il mostro?

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