Breve storia d’amore: recensione del film con Pilar Fogliati da RoFF 2025
Breve storia d'amore è una sorpresa inaspettata. Al cinema dal 20 novembre 2025.
Sceneggiatrice di film come La ragazza del lago, Il traditore, Esterno notte, e di serie tv 1992, 1993 e 1994, Gomorra – La serie, In Treatment e The Bad Guy, Ludovica Rampoldi dirige il suo primo lungometraggio, Breve storia d’amore. Presentato alla 20ª Festa del Cinema di Roma nella sezione Grand Public, il film presenta un cast dove spiccano alcuni tra i più importanti attori italiani: Pilar Fogliati, Adriano Giannini, Valeria Golino e Andrea Carpenzano. Affiancati da Massimo De Lorenzo, Betti Pedrazzi, Monica Nappo, Lorenzo Gioielli, Pia Engleberth, Giselda Volodi, Giulia Maenza e Selene Caramazza, Breve storia d’amore è una storia di tradimenti e inganni, di piani diabolici e schemi perversi, ma anche di amore, comunicazione, tenerezza e ironia, con un ritmo e una percezione di ansia intermittente che riesce a coinvolgere quasi fin da subito.
Breve storia d’amore: un mix di generi che creano uno stile chiaro e compatto e che sa bene su cosa puntare

Breve storia d’amore prende in esame due coppie: Lea e Andrea, trent’anni, con una figlia piccola, lui attore di successo e lei che scrive senza troppo entusiasmo per una rivista; e Rocco e Cecilia, cinquant’anni, lui sismologo e lei psicanalista. Le esistenze e soprattutto le insicurezze e i segreti di quattro personaggi, da un incontro in un bar, si scontrano tra di loro, alternando dolcezza, delicatezza, ma anche rabbia e tormenti interiori. In film scritto e diretto da Ludovica Rampoldi parla d’amore e anche dell’importanza dell’amore, visto come unico sentimento che conta da vero, come emozione regolatrice e motore del mondo, ma il film non ha nulla della love story. È costruito come un thriller, è un viaggio di scoperta all’interno di un animo manipolatorio e che vive per manovrare, falsificare e condizionare quello che è il suo stesso obiettivo.
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Tutto procede verso un’alterazione della realtà che ha le sue fondamenta in quella che diventa poi un’altra realtà, più vera della precedente. La tensione del thriller si percepisce e ci si chiede se sia solo una modalità di racconto o se sia un pretesto per dire altro. Nonostante ci sia qualcosa di surreale nell’opera prima di Ludovica Rampoldi, è tutto estremamente verosimile e Pilar Fogliati interpreta una figura femminile a tratti spaventosa e inquietante, ma anche brillante e follemente geniale. Se durante la visione di Breve storia d’amore ci si può chiedere: si esagera? La risposta è sicuramente sì, ma non per questo il film sfora nel poco credibile, come poteva apparire prima che la conclusione mettesse ogni pezzo al proprio posto. Prima di capire cosa si cela dietro quello che sembra un tradimento dove si sta superando il limite, dove non è più solo l’attrazione fatale a muovere le fila, a concernere quello che è considerato l’errore da parte di entrambi.
Un cast di attori che alza il livello

Quando la parte nascosta della vita dell’altro diventa quel qualcosa di quel segreto che non può più rimanere nascosto, si inizia a pensare di essere di fronte a qualcosa di già visto. Da quando tutto è cominciato, i personaggi sapevano che c’era un’altra esistenza, un diverso sé nella quale l’altro non poteva entrare. Ma è poi lì l’attrattiva maggiore e, come la protagonista, anche la regista e sceneggiatrice aveva in mente tutta un’altra storia rispetto a quello che si pensava, più volte, di star guardando durante la visione del film. Ogni figura, dall’irrequieto e commosso Rocco di Adriano Giannini, all’estrosa e ossessiva Lea di Pilar Fogliati, dalla pacata e risolta Cecilia di Valeria Golino all’artistico e superficiale Andrea di Andrea Carpenzano, diventerà una delle pedine incondizionate di un gioco di destini che si incrociano, di due coppie a confronto che non hanno nulla in comune, ma che sono come collegate da un filo invisibile. Un filo di esperienze, di pensieri, di casualità e confronti.
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Breve storia d’amore: valutazione e conclusione

Breve storia d’amore è una sorpresa, inaspettata sia per la trama che per le scene che si susseguono nel film: prima con un ordine preciso che accettando la banalità, riesce a mantenere viva l’attenzione e alta la suspence. Ma che è dopo inaspettato, non tanto nella creatività, ma nella velocità con il quale questo arriva. Senza un reale preavviso; trapela e si infiltra silenzioso, ma non dà certezze né smentisce, almeno non fino alla fine. Un film che si guarda quindi con piacere e che riesce anche, nella sua conclusione e spiegazione, perché l’intento esplicativo non manca, a non essere così prevedibile, né così tanto insistito; tarda ad arrivare, come è giusto che sia, per un prodotto dove, oltre al raffronto e riscontro finale, ci sono più dovute rivelazioni. Una sceneggiatura poetica sorregge una storia realistica, una recitazione misurata e concitata al tempo stesso, in base al momento che si intende raccontare, che ha sempre una costruzione della scena in linea con la narrazione: colori caldi e vividi nelle sequenze più tese e cariche di stress, e invece più tenui e freddi in quelle più romantiche e tenere, anche quelle sempre intrise di qualche dubbio che, per tutto il film, fino alla conclusione, porta a una domanda. Che tipo di storia si sta guardando? E la risposta arriva.
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