French Lover: recensione del film Netflix
Il tuffo di Omar Sy nella rom-com francese French Lover è stato un flop?
Regia - 0.3
Sceneggiatura - 0.2
Fotografia - 0.3
Recitazione - 0.3
Sonoro - 0.3
Emozione - 0.2
0.3
Un’occasione sprecata: così si potrebbe definire l’esordio “romantico” di Omar Sy in French Lover, pellicola presente su Netflix a partire dal 26 Settembre 2025 – che vede alla regia Nina Rives. Diventato famoso a livello internazionale nel 2011 grazie al celebre film Quasi Amici, con French Lover Sy ha tentato di affermarsi anche sulla scena delle rom-com francesi sfruttando più le sue doti comiche che artistiche e interpretative. Il risultato? Nonostante gli sforzi comici dei protagonisti, Abel (Omar Sy) e Marion (Sara Giraudeau), il film ricalca tutta una serie di stereotipi romantici già triti e ritriti. La trama, che poteva essere uno spunto interessante per legare nuovamente Sy a una commedia di qualità (e che purtroppo non è bastata allo scopo), vede il divo del cinema francese Abel Camara in piena crisi personale e lavorativa, dopo essere stato lasciato dalla fidanzata e relegato a prodotti cinematografici dal valore meramente commerciale.
French Lover: troppe dinamiche già viste tra i protagonisti

Come se tutto questo caos emotivo che si dipana nella sua vita non bastasse, ecco piombare Marion, una chef quarantenne alle prese sia con un pesante divorzio che con il licenziamento.
Il film diretto da Nina Rives nasce con l’ambizione di proporsi come il Notting Hill francese, una commedia romantica capace di coniugare leggerezza e riflessione, glamour e autenticità. Tuttavia, ciò che rimane sullo schermo è ben lontano da quell’obiettivo: French Lover si accontenta di replicare dinamiche narrative viste e straviste, appoggiandosi al carisma dei protagonisti senza mai tentare di scavare davvero nei personaggi. Omar Sy interpreta Abel con la consueta simpatia e presenza scenica, ma la scrittura non gli concede spazio per superare i limiti di un ruolo costruito più sull’immagine pubblica dell’attore che su una reale complessità emotiva. Marion, dal canto suo, avrebbe potuto rappresentare un contraltare interessante – una donna segnata dalla vita, ma capace di riscoprire la possibilità di amare – e invece resta intrappolata in una serie di cliché che annullano la sua forza. Il confronto con Notting Hill, oltretutto, mette in evidenza le debolezze di scrittura e regia. La sceneggiatura di Nina Rives si affida a dinamiche già viste: l’incontro casuale tra due anime ferite, lo scontro iniziale trasformato in attrazione, l’inevitabile lieto fine. Ma, a differenza del modello britannico, qui manca un vero equilibrio tra leggerezza e profondità. Le battute risultano prevedibili, i dialoghi poco incisivi, e anche le situazioni che dovrebbero generare complicità tra i protagonisti finiscono per sembrare costruite a tavolino.
French Lover: credevamo fosse amore, invece…

Il problema di fondo di French Lover non sta soltanto nella prevedibilità, ma nella totale mancanza di coraggio registico e narrativo: la regia di Rives sceglie di non rischiare mai, rifugiandosi in una messa in scena piatta, priva di guizzi, mentre la sceneggiatura costruisce dialoghi che raramente superano la soglia della convenzione. Persino il contesto sociologico – la contrapposizione tra un divo in crisi di immagine e una donna che rappresenta “il fascino della vita vera” – rimane un’idea sulla carta, mai sviluppata fino in fondo. L’impressione complessiva è quella di un film che avrebbe potuto segnare una tappa significativa nella carriera di Omar Sy, completando la sua evoluzione da volto comico e action a star romantica di livello internazionale, ma che finisce per sembrare un’occasione mancata, uno di quei titoli destinati a scivolare rapidamente nel catalogo sterminato di Netflix senza lasciare traccia. Il problema principale sta proprio nel personaggio di Abel: Omar Sy ha dimostrato in passato di saper unire ironia e intensità (si pensi a Quasi Amici o alla serie Lupin), ma in questo caso il suo fascino non riesce a compensare la superficialità di un ruolo pensato più come icona da commedia che come figura realmente tridimensionale. Sara Giraudeau, nei panni di Marion, regge meglio la parte drammatica ma è penalizzata da una scrittura che la riduce a semplice spalla del protagonista maschile. Alla fine French Lover resta un film tiepido, incapace di osare, che non sfrutta due interpreti di talento in una storia che avrebbe richiesto più coraggio e meno formule preconfezionate.