Downton Abbey – Il gran finale: recensione del film
La lussuosa residenza Crawley si prepara all’ultima, indimenticabile, avventura: Downton Abbey - Il gran finale: al cinema dall’11 settembre 2025.
La lussuosa residenza di Downton Abbey si prepara all’ultima, indimenticabile, avventura: Downton Abbey – Il gran finale è al cinema dall’11 settembre 2025 con Universal Pictures, per la regia di Simon Curtis, su una sceneggiatura del padre della saga, Julian Fellowes. Per il commovente addio tornano i volti più amati della serie – Hugh Bonneville, Michelle Dockery, Elizabeth McGovern, Laura Carmichael, Jim Carter, Joanne Froggatt, Penelope Wilton -, mentre nuove entrate prestigiose includono Paul Giamatti, Alessandro Nivola e Simon Russell Beale. Tornano per una breve apparizione anche Dominic West (Guy Dexter) e Robert James-Collier (Thomas Barrow). Downton Abbey – Il Gran Finale è distribuito in Italia da Universal Pictures.
Downton Abbey – Il gran finale: di cosa parla l’ultimo capitolo della saga?

In Downton Abbey – Il gran finale, la famiglia Crawley e lo staff di Downton Abbey entrano nei lussuosi anni Trenta. Tuttavia, la modernità sembra essere ancora lontana: Mary si trova al centro di uno scandalo a causa dal suo imminente divorzio da Henry Talbot (Matthew Goode, già assente nel secondo film della saga), e per questo motivo esclusa dall’alta società, mentre i coniugi Crawley affrontano problemi finanziari causati, in parte, da Harold Levinson (Paul Giamatti), il fratello di Cora. Ai “piani inferiori” lo staff della residenza si prepara a due importanti pensionamenti: a chi spetterà il compito di guidare Downton Abbey negli anni a venire?
L’aristocrazia lascia spazio alla modernità in un delicato passaggio di testimone
Il film si apre con immagini evocative di modernità – cinema, teatri, autobus, nuovi suoni -, che offrono un potente effetto emotivo, soprattutto per i fan che seguono le vicende della famiglia Crawley sin dal primo episodio della prima stagione, ambientato nel 1912. Il conflitto tra l’aristocratico mondo ormai in declino e l’inarrestabile avanzata verso una nuova epoca emerge con delicatezza, merito della scrittura brillante di Fellowes e della regia elegante di Curtis, capaci di unire nostalgia e passaggio di testimone in modo delicato, come un caldo abbraccio.
Per quanto riguarda le dinamiche narrative relative ai personaggi, il divorzio di Mary viene affrontato con maturità, senza ricadere nel cliché romantico: il film rinuncia a inserire un nuovo interesse amoroso per lei, dimostrando fiducia nella sua forza narrativa. Edith conquista spazio e centralità: il suo arco di trasformazione è completo, e lo notiamo anche dal punto di vista visivo, con colori più potenti – i toni aranciati lasciano spazio a tonalità chiare, che spaziano dal rosa al celeste -, che evidenziano la sua influenza all’interno della grande famiglia.
Restando sull’evoluzione dei personaggi, i fan si emozioneranno nel vedere Barrows – ormai ex-valletto della residenza Downton – aver raggiunto, finalmente, la serenità, al fianco del suo amato Guy. A proposito dei domestici, assistiamo ad una distanza meno marcata e rigida tra i “padroni della residenza” e lo staff che la manda avanti. Lo scontro tra vecchio e nuovo si riflette, dunque, anche nei rapporti sociali. Un cambiamento, questo, già accennato nel secondo capitolo, quando Mrs. Patmore, Mrs. Hughes e il resto dello staff presero parte, in qualità di comparse, al film del regista Jack Barber (Hugh Dancy). Tuttavia, le barriere tra nobiltà e servitù, seppur attenuate, continuano a rivelare un equilibrio profondamente asimmetrico: ciò che sembra un passo verso l’emancipazione non nasce da una reale autodeterminazione, ma resta sempre il frutto di concessioni elargite dall’alto: un generoso privilegio concesso dai padroni ai propri domestici.
Tornando sul tema dei personaggi, appare fin troppo marginale il ruolo di Paul Giamatti: presenza, indubbiamente, prestigiosa, ma forse non sfruttata appieno. Nel complesso, resta ben calibrato il tono ironico, con quelle risate sottili e inconfondibilmente british che stemperano la malinconia del racconto.
Downton Abbey – Il gran finale: valutazione e conclusione

Downton Abbey – Il gran finale si presenta come una conclusione commovente, un addio sentito a personaggi tanto amati, sorretto da una scrittura di gran lunga superiore al precedente film. La pellicola è pensata per offrire ai fan la conclusione che meritano, mentre la scomparsa di Maggie Smith, l’amata e iconica Lady Violet, è affrontata con garbo, solennità e tanta dolcezza. I numerosi passaggi di testimone nel corso della pellicola rendono chiara la fine di un’era, e Downton diventa metafora, per tutti noi, della nostalgia verso i giorni passati, dell’inevitabile cambiamento generazionale e della paura verso l’ignoto; nelle parole di Paul Giamatti “rifugiarsi nel passato, a volte, è più confortevole del futuro”. Che siate amanti della saga o meno, preparate i fazzoletti!