Olivia Colman, Javier Bardem e Mark Ruffalo tra i 1.300 professionisti del cinema che boicottano le istituzioni israeliane

Tra i firmatari spiccano nomi noti come Olivia Colman, Javier Bardem, Susan Sarandon, Mark Ruffalo, Riz Ahmed e Tilda Swinton

Una presa di posizione che non passerà inosservata. Oltre 1.300 attori, registi, sceneggiatori e lavoratori del settore hanno firmato un impegno pubblico con cui dichiarano di rifiutare ogni collaborazione con istituzioni cinematografiche israeliane considerate “complici nel genocidio e nell’apartheid contro il popolo palestinese”. Tra i firmatari spiccano nomi noti come Olivia Colman, Javier Bardem, Susan Sarandon, Mark Ruffalo, Riz Ahmed, Tilda Swinton, Ken Loach, Juliet Stevenson, Miriam Margolyes e l’attrice di Absolutely Fabulous Julia Sawalha. Anche l’attrice britannica Aimee Lou Wood (Sex Education) ha aderito alla campagna.

Olivia Colman, Javier Bardem e Mark Ruffalo tra i 1.300 professionisti del cinema che boicottano le istituzioni israeliane

L’iniziativa, lanciata dal movimento Film Workers for Palestine, rivendica il dovere morale di denunciare le violenze a Gaza e l’occupazione israeliana. In una dichiarazione congiunta, i promotori scrivono: “Difendere l’uguaglianza, la giustizia e la libertà per tutti i popoli è un profondo dovere morale che nessuno di noi può ignorare. In questo urgente momento di crisi, mentre molti governi occidentali continuano a sostenere la carneficina a Gaza, dobbiamo fare tutto ciò che è in nostro potere per rompere la complicità dell’industria cinematografica”.

Gli aderenti si richiamano esplicitamente all’esempio dei registi che, durante l’apartheid sudafricano, si rifiutarono di proiettare i propri film nel Paese. Da qui l’impegno a non partecipare a festival, rassegne, trasmissioni televisive o collaborazioni con società di produzione israeliane. L’iniziativa, precisano i promotori, non è rivolta al popolo israeliano in quanto tale, ma esclusivamente alle istituzioni che “beneficiano e alimentano il sistema di apartheid”.

Secondo Film Workers for Palestine, la maggior parte delle società cinematografiche israeliane non ha mai sostenuto i diritti dei palestinesi “riconosciuti a livello internazionale” e ha continuato a operare all’interno di un sistema discriminatorio. Tra le voci più sentite c’è quella di Julia Sawalha, che ha spiegato la sua adesione con parole toccanti: “Aver assistito all’annientamento dei palestinesi a Gaza negli ultimi due anni mi ha spezzato il cuore. L’implacabile silenzio sulle loro sofferenze è inaccettabile. Come attrice e artista, sento di avere il dovere di usare la mia voce per rompere quel silenzio e passare all’azione”.

Il documento è stato sottoscritto non solo da interpreti celebri, ma anche da montatori, programmatori, operatori e tecnici: segno che il movimento coinvolge ogni livello dell’industria cinematografica.

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