Addio a Stefano Benni: i suoi lavori per il cinema

La sua carriera comincia nel 1976 con Bar Sport, edito da Mondadori, da cui è stato tratto un film con Claudio Bisio.

Si è spento a 78 anni Stefano Benni, uno degli scrittori italiani più amati e riconoscibili degli ultimi decenni. Narratore, poeta, giornalista, drammaturgo e sceneggiatore, Benni aveva conquistato generazioni di lettori con il suo stile inconfondibile, capace di intrecciare comicità, invenzione linguistica e il surreale.

Autore prolifico, pubblicato in gran parte da Feltrinelli, è stato tradotto in molte lingue e apprezzato anche all’estero. La sua carriera comincia nel 1976 con Bar Sport, edito da Mondadori: una raccolta di racconti ambientati in quei bar di provincia che tutti riconoscono e che, nella sua scrittura, diventano teatri grotteschi e irresistibili di umanità varia. Quel libro, considerato ormai un classico della letteratura umoristica italiana, ha avuto un seguito nel 1997 e persino una trasposizione cinematografica nel 2011, diretta da Massimo Martelli e con Claudio Bisio tra i protagonisti.

Nel corso della sua carriera, Benni ha dato vita a titoli che sono entrati nella memoria collettiva, come La compagnia dei celestini (1992), Baol (1990), Saltatempo (2001) o Margherita Dolcevita (2005). La sua penna, ironica e immaginifica, sapeva parlare di politica e società attraverso allegorie e mondi fantastici, rimanendo sempre profondamente legata al presente. Accanto ai libri, ha collaborato con numerose testate giornalistiche – L’Espresso, Panorama, Linus, la Repubblica, il Manifesto – ed è stato autore per il teatro, la televisione e il cinema. Nel 1987 scrisse la sceneggiatura di Topo Galileo di Francesco Laudadio, interpretato dall’amico Beppe Grillo con musiche di Fabrizio De André e Mauro Pagani; nel 1989 diresse con Umberto Angelucci Musica per vecchi animali, tratto dal suo romanzo Comici spaventati guerrieri, con un cast che includeva Dario Fo e Paolo Rossi.

Nel 2015 rifiutò il premio Vittorio De Sica, conferito dal governo, come forma di protesta contro i tagli alla scuola e alla cultura operati dall’esecutivo Renzi. Il soprannome “Lupo”, con cui amava firmarsi, è diventato quasi un marchio di fabbrica. Nel 2018 il documentario Le avventure del Lupo – La storia quasi vera di Stefano Benni, presentato al Festival del Cinema di Roma e diretto da Enza Negroni, ne ha celebrato vita, opere e pensiero. Da tempo malato, Benni aveva ridotto le sue apparizioni pubbliche.

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