Hostage: recensione del thriller politico Netflix
Donne ai vertici del potere e crisi internazionale nel thriller politico di Netflix ben interpretato e visivamente raffinato.
Hostage, lo spettacolo Netflix teso, elegante e compatto con Suranne Jones e Julie Delpy affronta diversi temi d’attualità. Arriva sulla piattaforma streaming dal 21 agosto 2025 la miniserie che in sole cinque puntate prova a costruire un thriller politico ritmato e attuale. Lo show racconta una storia al femminile che si evolve tra un tragedia familiare, un rapimento e una crisi diplomatica: una vicenda che fa recitare insieme due attrici molto apprezzate della cinematografia inglese e francese.
Hostage: nel plot Francia e Regno Unito fanno fronte comune nella crisi mentre le loro leader subiscono ricatti da forze oscure

Non mancano diverbi stimolanti e dialoghi di alto livello fra le due leader (credibili) che prima sono in competizione e poi iniziano ad unirsi strategicamente nella serie tv che, come spesso accade, ci ricorda quanto sia delicato e imprevedibile il gioco politico. Con cinque puntate -e a dispetto di un inizio un po’ lento – riesce finalmente a coinvolgere. Il nuovo primo ministro britannico Abigail Dalton (interpretato da Suranne Jones) lancia un programma politico ambizioso, con l’obiettivo di ridurre le spese militari in favore di nuove politiche sociali. Peccato però che dovrà affrontare un’incomparabile crisi del servizio sanitario nazionale e un’opposizione decisa mentre sarà costretta ad avvicinarsi alla leader francese. La sua omologa che è Vivienne Touissant (Julie Delpy), una trasformista che vuole eccellere, si allea con l’estrema destra e all’inizio prova a ricattare Abigail. Le due leader si lanciano offese avvelenate durante le riunioni di lavoro, quando il marito di Abigail viene rapito da un gruppo di misteriosi mercenari ma potrà essere rilasciato a condizione che Abigail rassegni le dimissioni. In poco tempo le due protagoniste saranno obbligate a mettere da parte le loro rivalità per difendere vita privata e democrazia.
Convincono le performance di Jones e Delpy in una storia che coinvolge senza innovare

Nello spettacolo Suranne Jones è impeccabile nel tratteggiare il suo personaggio liberale, che difende i propri ideali. Di una donna sensibile, con una vita privata intricata, che è letteralmente accerchiata e costretta a tirare fuori le unghie. Sarà capace di astuzie mentre fronteggerà il personaggio di Julie Delpy, velenoso, calcolatore e con una personalità ancora più complessa. Con twist perfetti e una sceneggiatura che riesce a mostrare la grandezza e la complessità delle due protagoniste al centro di Hostage che naturalmente investono tempo anche per guadagnare visibilità e potere di influenza sull’agenda dei media, nonché maggiore prossimità ai cittadini/spettatori, e adesso sono chiamate a confrontarsi per dovere e con autorità.
Hostage: valutazione e conclusione
La serie tv creata da Matt Charman (sceneggiatore di Il ponte delle spie di Steven Spielberg) guarda agli altri spettacoli del suo genere senza innovare, però intrattiene e propone una riflessione sul clima socio-politico attuale e sulle possibili rivalità, sull’isolamento delle donne al potere e sui temi della responsabilità e dei compromessi morali. La storia è intensa, e a tratti riesce a divertire, è ben interpretata e visivamente raffinata. Hostage coniuga per queste ragioni riflessione e intrattenimento potendo contare anche su due ottime protagoniste che interpretano personaggi complessi, ma anche autenticamente umani e lontani da ogni luogo comune che riguarda le donne al potere. Ha il merito di aver saputo scrutare soprattutto come avvengono le pressioni subite dalle donne, quando si trovano ai vertici delle istituzioni. Segnatamente qui, su due donne che, al di là delle meno interessanti performance degli attori secondari, ci regalano invece una bella interpretazione mentre scendono a compromessi e sul terreno di guerra.