Ozzy Osbourne e quel cameo in un film horror di culto che ispirò persino Stranger Things
L’apparizione cinematografica più significativa di Ozzy Osbourne è avvenuta in un film horror degli anni ’80 che oggi è considerato di culto.
L’apparizione cinematografica più significativa di Ozzy Osbourne – nonché una delle più curiose – è avvenuta in un film horror degli anni ’80 che oggi è considerato di culto: Morte a 33 giri (Trick or Treat, 1986). Si tratta di una pellicola che ha saputo cogliere e rappresentare, con ironia e una certa sfacciataggine, le paure più viscerali dell’America conservatrice di quegli anni. E, ironia della sorte, è oggi ricordata anche per un suo legame indiretto con Stranger Things, che ha rilanciato nell’immaginario collettivo l’era del “panico satanico” e l’estetica metal di quel periodo.

Il film, diretto da Charles Martin Smith, è ambientato nel cuore dell’isteria collettiva che negli anni Ottanta vedeva nell’heavy metal una minaccia morale, se non addirittura spirituale, per i giovani americani. Esattamente il contesto in cui Osbourne – icona assoluta del genere e bersaglio privilegiato di predicatori e moralisti – si muoveva nella vita reale.
Nel film, Osbourne compare in un cameo perfetto per sovvertire i luoghi comuni che lo riguardavano: interpreta un telepredicatore, tutto giacca, cravatta e Bibbia alla mano, intento a tuonare contro i pericoli della musica rock e dell’influenza demoniaca delle sue liriche. Un paradosso geniale: proprio lui, il “Principe delle Tenebre”, si presta a interpretare uno dei suoi critici più accaniti, facendo del sarcasmo l’arma più affilata contro l’ipocrisia del tempo.
Morte a 33 giri racconta la storia di un adolescente emarginato che evoca accidentalmente lo spirito di una rockstar defunta, la quale torna dall’aldilà per vendicarsi contro i suoi bulli. Il film è carico di atmosfere metal, vinili maledetti, chitarre distorte e scenografie da videoclip, anticipando lo spirito camp di tanti horror successivi. È anche una pellicola che, a suo modo, prende sul serio il conflitto culturale dell’epoca, offrendo però uno sguardo laterale e ribelle, molto più vicino al punto di vista dei fan che a quello dei predicatori televisivi.
Oggi, questa interpretazione farsesca di Ozzy – disponibile su Prime Video – è diventata parte integrante della sua leggenda. In un’epoca in cui il metal veniva demonizzato, lui rispose con l’unica arma che i censori non potevano disinnescare: l’ironia. Un gesto piccolo, certo, ma emblematico. E come dimostrano fenomeni come Stranger Things (con la sua quarta stagione carica di riferimenti all’heavy metal) o Hysteria! su Peacock, la guerra culturale degli anni ’80 ha lasciato un’eco duratura.
La partecipazione di Ozzy Osbourne in Morte a 33 giri non è solo un divertente esercizio di stile, ma anche un pezzo di storia della cultura pop, una risposta dissacrante a un’epoca in cui una canzone heavy bastava per finire all’inferno – almeno secondo certi pulpiti.
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