Unicorni: recensione del film di Michela Andreozzi dal GFF55
"Unicorni", in anteprima alla 55ª edizione del Giffoni Film Festival, è un racconto toccante e ironico sulla libertà di essere sé stessi e sull'amore incondizionato tra genitori e figli.
“Io voglio essere… io”. Basterebbe questa frase di Blu (Daniele Scardini), il piccolo protagonista di Unicorni (2025) di Michela Andreozzi, per descrivere il suo stato d’animo: tormentato tra il desiderio di essere sé stesso e il bisogno di apparire come la società vorrebbe. Ovvero, un maschietto vestito da maschietto. E basta. Eppure Blu sente di essere diverso, semplicemente quello che è, con naturalezza e semplicità. Anche se questo comporta gli sguardi indiscreti di chi giudica senza conoscere, di chi fissa con curiosità morbosa la “stravaganza” di un bambino. Ed è qui che entra in gioco la genitorialità, un ruolo difficile in un mondo – quello di oggi – sempre più polarizzato, incapace di cogliere le infinite sfumature dell’animo umano. Così si finisce per imporre sentenze gratuite sulla vita degli altri: “basterebbe essere un po’ normali”, dice a un certo punto il personaggio interpretato da Lino Musella. Ma a sacrificarsi, spesso, sono proprio quelli “a-normali”.
Unicorni è stato presentato in anteprima alla 55ª edizione del Giffoni Film Festival, la rassegna cinematografica – e non solo – dedicata ai ragazzi, un festival che ogni anno celebra la bellezza dell’arte e della cultura attraverso lo sguardo dei più giovani. Nel cast: Edoardo Pesce, Valentina Lodovini, Daniele Scardini, Donatella Finocchiaro e Lino Musella. Una produzione Paco Cinematografica e Vision Distribution.

Unicorni di Michela Andreozzi esplora il difficile rapporto genitori-figli, tra il senso di protezione e la libertà di lasciare i figli di essere sé stessi.
Il centro del film non è Blu. O meglio, non è Blu il personaggio a cui viene dedicato l’arco trasformazionale più ampio. E forse non ce n’è bisogno, perché Blu sembra avere più certezze su sé stesso a 10 anni di quante ne abbiano i suoi genitori, belli e compiuti.
Interpretati magistralmente da Edoardo Pesce e Valentina Lodovini – entrambi alle prese, ormai da qualche anno, con ruoli legati alla genitorialità – Lucio ed Elena affrontano la situazione del figlio con due approcci molto diversi. Lucio è estremamente razionale, ripete spesso come un mantra la frase “analizziamo i fatti”. Vive la condizione di diversità del figlio come un tormento, convinto che lasciarlo libero di esprimersi – anche vestendosi da sirenetta – significhi esporlo al bullismo e alle prese in giro. Pur essendo un padre progressista, moderno, lontano da qualsiasi logica patriarcale, avverte ugualmente il peso della situazione come un fardello.
Elena, invece, accoglie con maggiore naturalezza la varianza di genere di Blu. Intuisce che l’unico modo per fare davvero del bene a suo figlio è abbracciarlo per ciò che è, senza pregiudizi, lasciando fuori la voce giudicante della società. È lei a capire che c’è molto più da imparare da Blu che da chiunque altro, ed è lei a spingere Lucio verso un percorso di rieducazione emotiva, attraverso il supporto di una psicoterapeuta e il confronto con altri genitori che vivono situazioni simili.
In Unicorni i bambini lanciano i messaggi più forti e potenti del film, mentre i genitori si ritrovano più volte ad inseguire.

Ed è proprio qui che risiede il messaggio più potente del film: in un mondo in cui è sempre più difficile orientarsi tra i propri sentimenti, Lucio ed Elena decidono di migliorarsi. Affrontano le loro zone d’ombra, le ferite del passato. Cadono, sbagliano, ma evolvono – per il bene del figlio, e anche per quello di sé stessi.
Unicorni affronta con delicatezza e sincerità le complessità dell’essere umano, smontando convinzioni radicate e mettendo in discussione preconcetti spesso invisibili. Michela Andreozzi costruisce un percorso narrativo – ed emotivo – graduale, in cui i personaggi avanzano per piccoli passi, tra conquiste e ricadute. Il cuore del film, infatti, non è solo Blu, ma la tenuta della famiglia, la fragilità di un legame messo alla prova, la possibilità concreta di cambiare. E in tutto questo, sono i bambini a insegnare di più. Nella loro innocenza e purezza, camminano sempre un passo avanti rispetto ai “grandi”, spesso chiusi nelle loro convinzioni. Persino i conflitti di Blu con i coetanei si risolvono con maggiore maturità e consapevolezza. Perché nell’altro c’è sempre un mondo da scoprire, anche se è diverso da noi. E questo Blu lo sa bene.
Unicorni: valutazione e conclusione

Con Unicorni, Michela Andreozzi, dopo Pensati Sexy e Brave Ragazze, firma un’opera delicata, intima e profonda, capace di raccontare la varianza di genere con uno sguardo empatico e umano, senza mai edulcorarne le difficoltà. Gli sguardi indiscreti, i giudizi sommari, il peso dell’incomprensione sociale: tutto è trattato con estrema lucidità, ma anche con una leggerezza sapiente che non scade mai nella superficialità. L’ironia, tratto distintivo della regista, è una perla preziosa che accompagna la narrazione, rendendola ancora più commovente e accessibile. Gli attori offrono interpretazioni misurate e sincere: menzione speciale al giovanissimo Daniele Scardini, al suo debutto cinematografico nei panni di Blu, capace di restituire al personaggio autenticità e profondità. Eccellente anche il resto del cast, da Edoardo Pesce a Valentina Lodovini, passando per Lino Musella e Donatella Finocchiaro, tutti perfettamente calati nei rispettivi ruoli. Unicorni è un film che tocca corde profonde, che parla a grandi e piccoli, e che merita di essere visto da tutta la famiglia: perché, senza retorica, ha davvero tanto da insegnare.