How to have sex: le tematiche shock del film su adolescenti e sesso traumatico
In un’epoca in cui il sesso è ovunque, How to Have Sex è un film che serve.
Nel mare dei film adolescenziali che spesso raccontano le prime esperienze sessuali, How to Have Sex, opera prima della regista britannica Molly Manning Walker, manda un messaggio importante. Vincitore della sezione Un Certain Regard al Festival di Cannes 2023, il film è un pugno nello stomaco travestito da commedia estiva: un racconto di formazione che diventa una riflessione profonda sul consenso, sul trauma e su quella zona grigia delle relazioni sessuali che molti ragazzi – e soprattutto ragazze – imparano a conoscere troppo tardi.
1. Un’estate da ricordare… o da dimenticare?

La storia di How to Have Sex segue tre amiche sedicenni inglesi – Tara, Skye ed Em – in vacanza nella festaiola località di Malia, a Creta. L’ambientazione è quella classica da “rave adolescenziale”: piscine, shot di alcol a volontà, balli sfrenati e corpi sudati. Ma a differenza delle solite narrazioni che celebrano il disordine e la libertà, qui l’atmosfera cambia lentamente, in modo sottile ma inquietante. Si parte con una spensierata euforia per arrivare a un’oscurità emotiva che avvolge la protagonista, Tara (interpretata con straordinaria intensità da Mia McKenna-Bruce), quando la sua “prima volta” si trasforma in qualcosa che non aveva scelto davvero.
2. Il consenso come zona grigia
Walker non gira intorno al tema centrale in How to Have Sex: Tara viene coinvolta in un rapporto sessuale non consensuale, ma la regia evita volutamente ogni retorica sensazionalista. Non ci sono urla, inseguimenti o violenza esplicita. C’è invece l’incertezza, l’indecisione, il disagio. C’è quella sensazione che molte giovani donne hanno vissuto – e che tanti uomini faticano ancora a comprendere – in cui dire “no” non è esplicito, ma neanche il “sì” lo è mai stato. Il film si muove dentro questa tensione ambigua, dove il silenzio pesa quanto le parole e lo sguardo diventa più eloquente di qualsiasi dialogo.
3. How to Have Sex è una storia sul trauma che parla (anche) agli uomini
Una delle affermazioni più potenti di How to Have Sex è che questo film, pur ponendo lo sguardo dalla parte femminile, non è un’accusa ma un invito alla comprensione. La regista stessa ha detto: “Questo film metterà a disagio molti uomini. Ma è proprio per questo che ho voluto girarlo.”. Non per accusare, ma per illuminare quei momenti che molti considerano “normali”, ma che in realtà non lo sono affatto.
Quello di Tara è un viaggio nella consapevolezza, non nella vittimizzazione. Dopo l’evento traumatico, non la vediamo chiudersi in se stessa o crollare in How to Have Sex. Al contrario, Tara prova a continuare, con le stesse risate forzate, con la stessa compagnia, con la stessa musica martellante. È proprio questa normalità che rende il film così disturbante e reale. Molte sopravvissute, infatti, imparano a sopravvivere anche continuando a sorridere. E qui Walker dimostra un’incredibile delicatezza nel non trasformare Tara in un cliché narrativo.
4. La forza di parlarne

Il film è anche il frutto di una ricerca documentaria accurata: focus group con adolescenti di diverse città del Regno Unito, discussioni sulle scene più controverse, riflessioni aperte su cosa sia il sesso oggi per le nuove generazioni. Da questi incontri è emersa una realtà spiazzante: molti ragazzi non riconoscono le dinamiche di abuso se non sono violente o visibilmente forzate. Questo vuoto di consapevolezza è ciò che How to Have Sex prova a colmare.
Molly Manning Walker non si nasconde: anche lei ha subito una violenza sessuale durante l’adolescenza, un trauma che ha iniziato a elaborare prima in un cortometraggio (Good Thanks, You?) e poi in questo lungometraggio How to Have Sex. La sua visione è chiara: “Se non ne parliamo, continuerà a succedere. Il sesso deve essere una scoperta condivisa, non una performance unilaterale.”
5. Perché How to Have Sex è un film necessario
In un’epoca in cui il sesso è ovunque – nella pubblicità, nei social, nella pornografia – eppure se ne parla sempre troppo poco e male, How to Have Sex è un film che serve. Serve agli adolescenti, che spesso imparano a fare sesso prima di capirne il senso. Serve agli adulti, per non dimenticare quanto fragili si è stati (e quanto a volte ancora lo si è). E serve alla cultura, perché offre un racconto autentico, doloroso e privo di filtri su una delle esperienze che più formano – o deformano – l’identità sessuale di una persona.
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