Giancarlo Esposito: “A Napoli ho capito chi sono davvero”
Il mitico Gustavo Fring di Breaking Bad Giancarlo Esposito dice di aver trovato il suo senso proprio a Napoli.
Lui è uno di quei volti che non si dimenticano. Che sia il glaciale Gus Fring in Breaking Bad, un villain con eleganza in The Mandalorian, o una presenza magnetica in Captain America: Brave New World, Giancarlo Esposito porta sempre con sé qualcosa che va oltre il personaggio: una storia. E quella storia, dice, ha trovato il suo senso proprio a Napoli.
“I miei genitori si sono conosciuti al Teatro San Carlo: una storia d’amore romantica, come nei film. Ma io Napoli non l’avevo mai vista, fino a due anni fa. E lì, con le mie figlie, ho capito tutto”. Durante la serata in suo onore alla 15ª edizione del Social World Film Festival di Vico Equense, Esposito ha ricevuto il premio come Attore internazionale dell’anno e ha lasciato la sua firma in argilla destinata al monumento Wall of Fame.

Ma prima di ogni onore, è arrivato il cuore. “I napoletani sono passionali. Amano la musica, il cibo, la poesia… E io ci sono cresciuto, con queste cose. Mia madre era una cantante lirica, io la guardavo esibirsi e sognavo di diventare come lei. Da bambino ascoltavo Caruso e Mario Lanza. E a otto anni già recitavo nei musical di Broadway.”
Ma non tutto era facile. Anzi, per un bambino afro-italiano negli anni Sessanta, la strada era in salita. “Il razzismo era ovunque. Mio padre era tifosissimo di Maradona, e una volta mi portò a Roma per vedere una partita. Ma alla fine, per paura che mi succedesse qualcosa, la guardammo in hotel.”
Sul palco del festival, Esposito non si è risparmiato. Davanti a una platea di giovani aspiranti artisti, ha raccontato le battaglie di una vita. “La gente voleva che fossi una sola cosa. Che avessi un solo volto. Il mio nome, Giancarlo Giuseppe Alessandro Esposito, dava fastidio. Non venivo accettato. Ma io ho sempre voluto andare oltre gli stereotipi.”
Con un’ironia delicata, ha citato il cliché dell’italo-americano da film di mafia: “Quello che affetta l’aglio con la lametta e urla contro la moglie? No, grazie. Io volevo creare personaggi veri, con un’anima”. E un’ispirazione forte ce l’ha sempre avuta: Robert De Niro. “Mi sono ispirato a lui per quei ruoli duri fuori e teneri dentro. Ma ho cercato una mia voce, un mio sguardo.”
Infine, il messaggio più importante, rivolto a chi sogna un futuro in questo mestiere: “Se volete raccontare una storia, assicuratevi che sia vostra. Qualcosa che amate davvero. Anche quando ho perso tutto e sembrava finita, ho trovato la forza per reinventarmi. E ce l’ho fatta.”
Il festival prosegue fino a domenica 29 giugno, con ospiti del calibro di Matt Dillon, padrino di questa edizione, insieme a Claudio Giovannesi, Giovanni Esposito e Susy Del Giudice. Ma il cuore della manifestazione, ieri sera, batteva forte. E parlava napoletano con accento newyorkese.
Leggi anche Robert Downey Jr.: “Pedro Pascal mi fa credere ancora in Hollywood”