Maurizio Nichetti: “‘Amiche mai è la mia seconda opera prima”

Dopo oltre vent’anni di silenzio dietro la macchina da presa, Maurizio Nichetti torna al cinema con Amiche mai. In occasione del festival Le Giornate della Luce 2025 abbiamo intervistato l'autore milanese.

Con Amiche mai, Maurizio Nichetti torna al cinema dopo Honolulu Baby del 2001. Un ritorno atteso e costruito nel tempo, tra ostacoli produttivi e riscritture forzate dalla pandemia. Eppure, il regista milanese non ha perso la voglia di raccontare storie con il suo stile inconfondibile, fatto di poesia, ironia e artigianalità. In questa intervista ripercorre la genesi del film, il suo rapporto con il pubblico e l’evoluzione del suo sguardo sul mondo e sul cinema. Amiche mai è stato anche protagonista di una proiezione speciale rivolta all’autore di Ratataplan (1979) nel corso della prima serata delle Giornate della Luce 2025. Il festival, in programma dal 7 al 15 giugno 2025 a Spilimbergo, ideato da Gloria De Antoni e da lei diretto con Donato Guerra, è dedicato al cinema in tutte le sue forme, con un’attenzione privilegiata ai direttori della fotografia.

Intervista Maurizio Nichetti Cinematographe.it

Partiamo dal suo ultimo film, Amiche mai, un grande ritorno al cinema dopo Honolulu Baby del 2001, com’è nato e qual è stato il suo processo di realizzazione?
“Il film è cambiato molto nel corso dei cinque o sei anni che l’hanno preceduto, non per colpa nostra, ma per varie vicissitudini che sono successe. L’idea è nata nel 2018, e inizialmente la storia era un po’ diversa. Poi è scoppiata la pandemia e siamo stati costretti a fermarci. Viaggiare per mezza Europa, in quel periodo, era davvero complicato, quindi la produzione si è interrotta. Inevitabilmente abbiamo dovuto correre ai ripari: non abbiamo cambiato la storia, ma il modo di raccontarla. Ed è stato anche un modo per mantenere inalterato l’entusiasmo del film — e il nostro — nel girarlo. Devo dire che, alla fine, questi problemi hanno reso il progetto ancora più originale e stimolante da realizzare”.

Oggi sente che c’è un interesse rinnovato per la sala? Ha la sensazione che il pubblico desideri contenuti sempre più autentici da condividere insieme ad altri?
“Sì, assolutamente. Con Amiche mai stiamo girando tutta l’Italia: monosale, sale parrocchiali, luoghi che danno spazio al cinema di qualità, con poche proiezioni al giorno. È un modo diverso di portare in giro i film. Una volta si poteva sperare nel classico passaparola; adesso invece vive un periodo di latenza: quando qualcuno vede il film in sala e lo consiglia, spesso quel film non è già più in programmazione. Questo può essere un problema. D’altro canto, però, durante il tour trovi sempre sale piene — duecento, trecento persone a proiezione — con un pubblico che apprezza quello che vede e, soprattutto, quel momento di condivisione. Ho trovato un pubblico molto positivo nei confronti del film, e per me è stata una sorpresa. Dopo tanti anni senza girare, pensavo di dover ripartire da zero, ma così non è stato: ho ritrovato l’affetto e l’apprezzamento del pubblico”.

Maurizio Nichetti torna al cinema con un film on the road, Amiche Mai, un viaggio avventuroso e divertente nell’est Europa.

Amiche Mai Intervista Maurizio Nichetti Cinematographe.it

Una seconda opera prima l’ha definita?
“Esatto. Nelle prime settimane definivo Amiche mai una seconda opera prima, perché pensavo — sbagliando — che il pubblico avesse dimenticato i miei lavori precedenti. Invece, ho dovuto ricredermi, soprattutto vedendo le sale piene di giovani che li avevano già visti. Ed è stato un piacere immenso, per due motivi: primo, perché significa che c’è ancora un pubblico che vuole vedere i film al cinema; secondo, perché oggi si sceglie un film con maggiore consapevolezza, in base all’autore e al genere, non solo perché è distribuito ovunque”.

Rivedendo oggi Ratataplan, in particolare la scena del doppio in cui il protagonista crea una sorta di alter ego — un robot quasi — sembra anticipare la realtà di oggi, dove chiunque può costruirsi un’immagine alternativa sui social. Fino a quando poi la realtà non irrompe, come accade con il personaggio di Angela Finocchiaro, che spalanca la porta ed entra nella vita di Colombo. Colombo è timido, ma riesce ad accogliere questa figura reale. Secondo lei oggi, invece, rischiamo di perdere il contatto con il reale?
“Credo che in Ratataplan, e in Amiche mai, questo aspetto ci sia, anche se in modo inconsapevole. Quando girai quella scena, non pensavo a ciò che sarebbe accaduto in futuro. Non avevo in mente avatar o tecnologie capaci di sostituire l’uomo. Però c’era già il desiderio di rappresentarsi attraverso un clone, una versione più bella o fortunata di sé stessi — ed è esattamente ciò che la tecnologia ha poi permesso, spesso in modo fraudolento, rappresentandoci per ciò che non siamo. Oggi questo bisogno esasperato di controllo si è trasferito nel web. Io sono sempre stato curioso del progresso, l’ho studiato, cercato, e inevitabilmente si è riversato nei miei film”.

La genialità di Nichetti si riversa nel suo cinema come spazi improvvisi di originalità, dall’esordio di Ratataplan nel 1979 ad oggi, rimane inconfondibile il suo estro e il suo tocco inimitabile.

Che spazio riserva all’ironia nella sua vita?
“Fondamentale. Altrimenti ci si deprimerebbe a ogni apertura di giornale o telegiornale. Bisogna sapersi calare nella realtà, ma con uno sguardo più distaccato e disincantato. Senza ironia, è difficile sopravvivere”.

In Volere Volare (1991), c’è una scena in cui il suo personaggio affetta un salame con un proiettore. Una scena poetica che restituisce l’artigianalità del cinema. Cosa voleva raccontare con quel momento?
“Volevo raccontare proprio quella dimensione. Ho sempre realizzato film a basso budget, dove il cinema era davvero un mestiere artigianale, nel senso più nobile. Si lavorava con ciò che si aveva. In fondo, con la cultura si mangia — al contrario di ciò che spesso si pensa — e quel proiettore era, simbolicamente, un panino al salame”.