I 7 film migliori di Ving Rhames
7 titoli per provare a raccontare un immenso caratterista.
Nella Hollywood degli ultimi trent’anni, pochi attori hanno saputo unire fisicità imponente, intensità drammatica e presenza scenica come Ving Rhames. Nato a New York nel 1959, cresciuto ad Harlem in un ambiente non facile, Rhames ha sviluppato una solida base teatrale prima di approdare al cinema. Sin dagli esordi, si è distinto per una capacità rara: comunicare forza e fragilità nello stesso sguardo. L’espressività contenuta ma incisiva lo hanno reso uno degli attori più riconoscibili del cinema americano, anche quando il ruolo era da “caratterista”.

Quello che colpisce di Rhames non è solo la fisicità, ma la capacità di trasmettere empatia. Sebbene non abbia mai aspirato a essere una star nel senso tradizionale del termine, ha saputo imporsi come una figura imprescindibile, capace di attraversare generi e decenni lasciando un segno indelebile. Ecco sette film fondamentali per scoprire e apprezzare il talento poliedrico e magnetico di Ving Rhames.
1. Pulp Fiction (1994), di Quentin Tarantino

Tra le interpretazioni più iconiche della sua carriera, impossibile non partire da Pulp Fiction, capolavoro firmato Quentin Tarantino. Ving Rhames interpreta Marsellus Wallace, boss criminale enigmatico, temuto, quasi mitologico. Appare relativamente poco nel film, ma ogni sua scena è diventata culto: dalla consegna della celebre valigetta al monologo dopo il trauma subito in cantina. Rhames costruisce Marsellus come una presenza dominatrice, ma mai caricaturale. Lo sguardo glaciale, il tono basso e minaccioso, la calma innaturale con cui detta le sue regole: ogni dettaglio è calibrato. Eppure, dietro questa maschera da gangster si intravede un’umanità profonda, una dignità quasi aristocratica. Rhames riesce a imprimere al personaggio una dimensione tragica e solenne, in un film dove il confine tra farsa e dramma è sempre sottile. Il suo Marsellus è diventato un simbolo del cinema tarantiniano e, più in generale, un archetipo del boss moderno: spietato ma con una sua etica. Una performance indimenticabile che ha contribuito a consacrare Rhames come attore di riferimento.
2. La casa nera (1991), di Wes Craven
In questo horror sociale firmato dal maestro Wes Craven, Ving Rhames veste i panni di Leroy, un ladruncolo con poca pazienza e tanta voglia di riscatto. Coinvolto in un colpo apparentemente facile in una casa borghese, scoprirà insieme al giovane protagonista un incubo fatto di prigionia, follia e violenza. La casa nera è un film che unisce il terrore puro alla critica sociale, raccontando la disumanità nascosta dietro le facciate benestanti della suburbia americana. Rhames è perfetto per questo ruolo: intimidatorio ma mai monodimensionale, cinico ma non disumanizzato. Il suo personaggio rappresenta un’umanità ferita, che cerca una via d’uscita anche sbagliando. La sua morte precoce nel film diventa così ancora più tragica: è il primo a intuire che qualcosa non torna, ma non fa in tempo a redimersi. Già in questa interpretazione emergono tutte le caratteristiche del Rhames attore: forza fisica, intensità emotiva, vulnerabilità sotto la scorza.
3. Mission: Impossible (1996), di Brian De Palma

Nel primo capitolo della saga, Rhames debutta nei panni di Luther Stickell, hacker geniale reclutato da Ethan Hunt (Tom Cruise). Sebbene inizialmente il suo ruolo fosse secondario, la forza della sua interpretazione ha fatto sì che Luther diventasse un personaggio fisso della serie, presente in tutti i capitoli successivi. Rhames tratteggia Luther con una sobrietà affascinante: è un uomo di pochi gesti e molte intuizioni, leale, pragmatico, quasi paterno. In un mondo di spie iper-attive, lui è il cuore calmo del gruppo. Con la sua voce profonda e il suo carisma silenzioso, diventa il contrappunto perfetto alla frenesia dell’azione. La sua presenza nella saga non è solo funzionale alla trama: è un simbolo di coerenza, affidabilità e integrità morale. E proprio questo ha reso Luther uno dei personaggi più amati dai fan.
4. Al di là della vita (1999), di Martin Scorsese
Nel cupo e allucinato dramma metropolitano diretto da Martin Scorsese, Rhames interpreta Marcus, un paramedico sopra le righe, esuberante, spirituale a modo suo, che affianca Frank (Nicolas Cage) nei suoi turni notturni per le strade di New York. Il film è una discesa negli inferi urbani, ma Marcus porta con sé una luce grottesca e salvifica. La performance di Rhames è una delle più sorprendenti della sua carriera. Coniuga humor, fede e disperazione in un mix disarmante. Quando predica nel retro dell’ambulanza o improvvisa battute surreali per stemperare la tensione, è chiaro che Marcus è molto più di una spalla comica: è una figura tragica mascherata da buffone. Un’altra prova della capacità di Rhames di reinventarsi senza mai perdere credibilità.
5. Baby Boy – Una vita violenta (2001), di John Singleton

Con questo dramma sociale ambientato a South Central Los Angeles, Rhames torna a lavorare con John Singleton dopo Rosewood. Il suo personaggio, Melvin, è l’uomo maturo che entra nella vita di una giovane madre e si scontra con l’immaturità del figlio di lei, Jody (Tyrese Gibson). Melvin è un ex detenuto che cerca di costruirsi una nuova vita, ma deve fare i conti con la diffidenza, la violenza latente e la difficoltà di farsi rispettare come figura paterna. Rhames affronta il ruolo con una profondità rara: è duro, ma mai abusante; autorevole, ma mai prepotente. Il conflitto tra Melvin e Jody diventa il cuore pulsante del film, una metafora dei rapporti generazionali e della difficoltà di crescere senza un modello.
6. Undisputed (2002), di Walter Hill
In Undisputed, Rhames è George “Iceman” Chambers, campione del mondo dei pesi massimi accusato di stupro e incarcerato. All’interno del carcere, viene sfidato da Monroe Hutchen (Wesley Snipes), pugile detenuto per omicidio. Il film si sviluppa come un classico racconto di rivalità maschile, ma ha anche un sottotesto sociale e morale molto forte. Rhames incarna il campione arrogante con straordinaria intensità. Ma col passare dei minuti, il personaggio si rivela molto più sfaccettato: è un uomo ossessionato dalla reputazione, incapace di riconoscere i propri limiti, affamato di rispetto. La sua fisicità esplosiva viene bilanciata da un volto che mostra dolore e frustrazione. Il combattimento finale non è solo una resa dei conti fisica, ma un duello interiore tra due uomini spezzati.
7. L’alba dei morti viventi (2004), di Zack Snyder

Nel remake ad alto voltaggio del classico di George Romero, Rhames è Kenneth, un poliziotto solitario che si rifugia in un centro commerciale insieme ad altri sopravvissuti. Il film è frenetico, spettacolare, ma Rhames riesce a ritagliarsi uno spazio tutto suo, conferendo al personaggio un’umanità solida e credibile. Kenneth non è l’eroe tradizionale: è pragmatico, disilluso, ma profondamente leale. I suoi scambi con l’uomo sul tetto, le decisioni difficili che prende, la calma con cui affronta il caos fanno di lui un leader naturale, senza proclami. Rhames interpreta questo ruolo con grande equilibrio, mostrando ancora una volta quanto riesca a comunicare con lo sguardo, con il corpo, con la semplice presenza.